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di FABRIZIO DELL'OREFICE LA CORSA è già cominciata.

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Nei partiti è già scattata. Mentre i leader duellano in tv sui massimi sistemi, tra i peones - quei pochi che ancora ciondolano in Transatlantico - non si parla d'altro. Saremo riconfermati? si domandano un po' tutti. Già, perché stavolta, a differenza di tutte le precedenti, non conta quanti voti si prendono. Bensì, è tutto stabilito a tavolino, e quindi l'unica cosa che importa è il posto che si ha in lista. Nelle posizioni più alte l'elezione è garantita. Al punto che le segreterie di partito possono di fatto stabilire come sarà composto il prossimo Parlamento. Infatti, in base ai sondaggi è praticamente possibile anche prevedere - ovviamente con margine di errore - all'incirca quanti deputati saranno eletti circoscrizione per circoscrizione, partito per partito. Dunque, l'ora delle scelte vere è già scoccata. E chi nelle segreterie dei partiti deciderà davvero? Da un lato Silvio Berlusconi ha richiamato in servizio Marcello Dell'Utri. Fondatore di Forza Italia, a lui il compito di rianimare il partito. E a lui spetta l'ultima parola vera su chi entra o no in lista e in che posizione. A lui anche il compito di scegliere personalità esterne, possibilmente dalle categorie, da mettere in pista. Dall'altra parte, la situazione è più complessa. Ds e Margherita faranno la lista assieme alla Camera, Uniti nell'Ulivo. Il criterio è di assegnare il 60% dei posti ai Ds, il 40% alla Margherita. O meglio, qualcosa meno per entrambi visto che dovranno cedere 15 posti riservati personalmente a Prodi. Nella trattativa privata, mentre i Ds schiereranno Migliavacca e Chiti, la Margherita sarà difesa da un vecchio marpione, Franco Marini. C'è da scommerlo già subito: sarà lui a fare la parte del padrone. Come sempre avvenuto. Già nelle Europee 2004 «fregò» abbondantemente i Ds. Accadrà di nuovo. Sono loro, Dell'Utri e Marini, i due più corteggiati della politica. La guerra ad accaparrarsi la poltrona si sta infatti decidendo in larga parte adesso, nella formazione delle liste. Dopo, con il voto, verranno stabiliti dettagli sugli eletti. Almeno così pensano soprattutto i leader. In Transatlantico alla Camera passa di mano in mano un'analisi realizzata dall'ufficio studi di Montecitorio che ha elaborato i risultati elettorali delle scorse elezioni e i loro effetti con il nuovo sistema di voto. Ebbene, sia con i dati delle Europee 2004 sia con le Regionali 2005 (a cui hanno partecipato meno elettori delle Politiche) vincerebbe Romano Prodi. Il riflesso è che a Forza Italia, che nel 2001 si era aggiudicata 178 seggi a Montecitorio, mancherebbero una ventina di seggi con il risultato di due anni fa e addirittura 50 con quello dell'anno scorso. E così, An ne perderebbe rispettivamente 12 e 26. I partiti piccoli invece guadagnano visto che hanno avuto buone performance nelle ultime tornate. Bossi guadagnerebbe tra sette e quattro seggi, l'Udc tre o quattro. Tutto ovviamente cambierebbe in caso di vittoria, grazie alla quale scatterebbe poi anche il premio di maggioranza: allora, le consistenze dei gruppi non sarebbero molto dissimili dalle attuali, con un incremento soprattutto per il partito di Casini. Discorso diamentralmente opposto per il centrosinistra. Nella coalizione si registra un crollo di Ds e Margherita se il riferimento è al voto di due anni fa (meno venti seggi) e una crescita di quasi trenta se il confronto è con l'elezione dell'anno scorso. Nel primo caso i Ds dovrebbero perdere una quindicina di poltrone, la Margherita sette-otto. Nel secondo caso, invece, la Quercia ne prenderebbe una ventina, i rutelliani una decina. Ma il vero boom sarà comunuqe per Rifondazione che comunque si potrebbe ritrovare un gruppo di una quarantina di deputati: comunque vada, avrà trionfato.

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