Consorte e Sacchetti: soldi, affari e investimenti in Borsa
Secondo l'Espresso i due hanno avuto «due conti correnti (il numero 1039/38 per Consorte e il 1038/37 per Sacchetti) dove sono passati nell'arco di soli 15 mesi circa 300 milioni di euro spartiti quasi in parti uguali. Questa volta non c'è traccia di paradisi off shore baciati dal sole dei Caraibi. Tutto in casa. Tutto in Padania. Perché quella montagna di soldi trovò un approdo sicuro alla Popolare di Lodi, nella banca dell'amico e sodale Gianpiero Fiorani». «Tutto comincia nell'autunno del 2001 — scrive L'Espresso — Per la precisione il 15 di novembre, quando nella filiale di via San Bassiano, agenzia numero 5, nel centro della cittadina lombarda, vengono accesi i due depositi ora al centro delle indagini. Inizia allora un tourbillon di operazioni finanziarie che muove milioni e milioni di euro. Compravendite a raffica, a volte per decine di milioni al mese, cui seguono periodi di stasi. Il sipario cala nella primavera del 2003. I due conti gemelli chiudono insieme i battenti. Per Consorte e Sacchetti il saldo finale si aggira intorno ai 5 milioni di euro ciascuno. Una somma che tra marzo e aprile di quell'anno prende il volo da Lodi per destinazione ignota. Come si spiega una simile girandola d'affari? E, soprattutto, da dove arrivavano tutti quei soldi prontamente investiti in azioni dai due manager? Sono questi gli interrogativi chiave su cui da settimane si esercitano gli investigatori». Ma dall'inchiesta del settimanale emerge anche che i due «furbetti» rossi per un anno hanno giocato in Borsa. E hanno sempre vinto o quasi. «Fortuna? Eccezionale tempismo condito da una grande conoscenza dei mercati? Può darsi — scrive L'Espresso — Ma gli investigatori stanno vagliando anche altre ipotesi. Risulta già dagli atti dell'inchiesta che nelle prime settimane del 2005 Consorte e Sacchetti, con la supervisione della Popolare di Lodi, hanno beneficiato di operazioni finanziarie in strumenti derivati per circa 1,6 milioni di euro ciascuno. Erano compravendite pianificate in modo tale che per i due manager sarebbe di fatto risultato impossibile perdere. Funzionava così anche tra il 2001 e il 2003? Una pista precisa porta alle società del gruppo di Gnutti, che in più di un'occasione avrebbero fatto da sponda in questo vorticoso trading azionario». «Ma c'è un fatto che merita di essere segnalato — prosegue L'Espresso — Né Consorte né Sacchetti disponevano del denaro necessario per investimenti tanto ingenti. Sui loro conti alla Popolare di Lodi c'era meno di un milione di euro. Niente paura. La banca chiuse un occhio. Forse tutti e due. E ai due illustri correntisti venne consentito di andare in rosso per circa 24 milioni. Lo scoperto venne poi annullato a stretto giro di posta, quando sul conto affluirono i proventi della vendita di obbligazioni. Non era la prima volta. Spesso e volentieri dai due estratti conto finiti nel mirino degli investigatori emergono investimenti per importi anche di molto superiori a quelli effettivamente depositati. In altre parole, se non c'erano contanti a sufficienza interveniva la banca a finanziare gli affari, con lo strumento dello scoperto di conto corrente».