Il Senato aveva detto no, Montecitorio invece riduce del 10% tutte le indennità
Con la medesima decorrenza viene ridotto del 10% l'importo degli assegni vitalizi corrisposti ai deputati cessati dal mandato ed ai loro aventi diritto. Le modalità attuative di questa decisione saranno stabilite dal Collegio dei deputati questori entro il 28 febbraio 2006. «Con la delibera adottata - si sottolinea in una nota - la Camera ha recepito gli indirizzi contenuti nella legge finanziaria in materia di contenimento dei costi della politica nella consapevolezza delle difficoltà economiche attraversate in questo momento dal Paese». La decisione è stata assunta dall'Ufficio di presidenza di Montecitorio alla unanimità. La stessa materia è stata affrontata dal Senato nella riunione del Consiglio di presidenza dell'11 gennaio scorso. A differenza di Montecitorio, a Palazzo Madama la decisione è stata di non applicare il taglio del 10% alle pensioni (vitalizi) dei senatori. Ed è stata assunta con il solo voto contrario del presidente Marcello Pera, mentre si erano astenuti il vice presidente Domenico Fisichella e il Questore Franco Servello. Il giorno dopo, il vicepresidente del Senato Cesare Salvi si era detto contrario alla scelta del Consiglio di presidenza ed aveva chiesto una nuova riunione al più presto per rivederla. «Abbiamo applicato la legge», ha commentato il vicepresidente della Camera Alfredo Biondi (Fi) spiegando la delibera dell'Ufficio di presidenza, aggiungendo poi che «siccome è una scelta un pò dolorosa, visto che 20 parlamentari vanno a prendere una decisione che tocca anche terzi come le vedove dei parlamentari o i parlamentari in quiescenza, abbiamo dato mandato ai questori di stabilire le modalità per applicare il taglio». Soddisfatta la Lega Nord, Eduard Ballaman ritiene infatti importante il gesto perché «per la prima volta nella storia della Repubblica hanno operato una riduzione dei compensi dei parlamentari in linea con quella diminuzione dei costi del Parlamento già prevista dalla devolution che, con l'abbattimento del numero dei parlamentari, agisce nella medesima linea». Contraria invece Rifondazione Comunista, con Tiziana Valpiana che pur essendo «d'accordo sul taglio dei costi della politica come sul taglio degli stipendi dei parlamentari» considera «che rappresenti un vulnus, un precedente gravissimo, il fatto che il governo possa dire alla Camera cosa tagliare».