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«Voglio la verità sui 50 milioni a Consorte»

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Sabato lo aveva annunciato: il caso della scalata alla Bnl non è chiuso e non lo sarà presto. E ieri, poco prima di lasciare Roma il premier è tornato sull'argomento chiedendo che si faccia chiarezza sui 50 milioni di euro ottenuti dal numero uno di Unipol Giovanni Consorte per le sue consulenze. «Man mano che passano i giorni», ha detto ai cronisti dopo averli invitati a entrare nella sua residenza-ufficio di Palazzo Grazioli, «arrivano le conferme, una per una, che tutto quello che negavano all'inizio i Ds era invece vero». «Evidentemente — aggiunge — quello che diceva il falso non ero io e adesso aspettiamo che si risalga ai 50 milioni di euro e a tutto il resto». Le parole di Berlusconi sono ben calibrate. Il premier infatti insolitamente non parla a braccio ma legge degli appunti scritti a mano. Il Cavaliere non lo cita esplicitamente, ma è chiaro che fa riferimento al compenso dato dal numero uno di Hopa, Emilio Gnutti, al presidente di Unipol Giovanni Consorte. Soldi che, secondo lo stesso Consorte, sono frutto di una consulenza di tre anni sulla vicenda Telecom, per i magistrati che indagano invece si tratterebbe di una plusvalenza sospetta. Proprio sulla reale destinazione di quel denaro, il presidente della Quercia Massimo D'Alema ha querelato il direttore del Foglio Giuliano Ferrara per un articolo in cui si ipotizzava che gran parte di quella consulenza era finita nelle casse dei Ds. Ma Berlusconi non si ferma qui. Ricorda che sabato, nel corso della trasmissione di Fabio Fazio il segretario della Quercia Piero Fassino «ha parlato di un semplice pranzo e di un solo colloquio telefonico» con i vertici delle Generali. «A me — dice il premier — pareva che ci fossero molte, molte telefonate». Il Cavaliere ne approfitta così per attaccare nuovamente la Quercia e respingere l'invito del segretario dei Democratici di Sinistra ad abbassare i toni della campagna elettorale: «Quella pretesa e sbandierata diversità dei Ds evidentemente non è mai esistita e non esiste». Per questo, aggiunge, quando Fassino parla di «un clima in cui non si potrebbe andare avanti, dimentica tutti gli insulti che mi ha rivolto in tutti questi anni». Il premier torna poi sui motivi che lo hanno spinto ad andare in Procura. «Se ho dovuto informare i magistrati — spiega — è stato solo per stroncare il tentativo della sinistra di accusarmi di aver detto il falso». Se non l'avessi fatto, sottolinea, «avrebbero continuato a dire che io avevo mentito». Sempre leggendo gli appunti, il premier lancia anche una bordata contro la televisione pubblica. «In questa Rai di regime occupata dallo straripante Berlusconi», dice con evidente ironia, «sabato sera Fassino ha parlato ancora senza contraddittorio, come già avevano fatto prima di lui Eugenio Scalfari e Walter Veltroni». Anche la lettura dei giornali della mattina non deve essergli piaciuta molto. Così Berlusconi, prima smentisce un pezzo del Corriere della Sera che ipotizza una possibile staffetta a Palazzo Chigi con Gianni Letta. «È un'ipotesi non realistica per molti motivi — spiega — e primo fra tutti la non disponibilita» dello stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Infine affossa le indiscrezioni di una possibile alleanza di Raffaele Lombardo, leader del Movimento autonomista siciliano, con l'Unione. «Gli è stata data risposta su tutto quello che ci ha chiesto e che è possibile fare subito o nella prossima legislatura», ha scandito il premier, e lui «mi ha garantito che non andrà mai a sinistra». Parole che però hanno lasciato letteralmente basito proprio il leader del Movimento per l'autonomia, Raffaele Lombardo: «Le parole del presidente del Consiglio risultano francamente incomprensibili». «Abbiamo chiesto in ripetute occasioni, sin dalla nascita dell'Mpa — ha aggiunto Lombardo — precisi atti di governo, di questo governo, al fine di garantire l'equilibrato sviluppo del Paese: uno per tutti la fiscalità compensativa per il Sud. Ad oggi n

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