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Prodi litiga di nuovo con Ds e Margherita

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Il Professore insiste a chiedere il listone al Senato. Secca la replica di Franceschini e Chiti: «Non si farà»

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E ha come tema la lista unica al senato e il partito Democratico, da far nascere il prima possibile. Un affondo che Ds e Margherita hanno accolto con estrema freddezza. «Le primarie ci chiedevano di dare vita ad un forte soggetto politico unitario. E ci chiedevano di decidere ora, di procedere subito e comunque alla costruzione del Partito democratico. Alle primarie bisogna restare fedeli. Io sarò il garante di un processo unitario di cui noi tutti abbiamo bisogno». Concetti che Prodi affida al quotidiano di Ezio Mauro e che poi ribadisce con un discorso al congresso dei Repubblicani europei. Un segnale che fa subito scattare un giro di telefonate tra i vertici di Ds e Margherita in vista del vertice di stesera del professore con Fassino e Rutelli. «Purtroppo lo spirito delle primarie sembra essere stato rapidamente dimenticato — attacca Prodi — e queste domande faticano a trovare le giuste risposte. Insieme dobbiamo ritrovare quello slancio». Ma l'affondo più duro è un avvertimento minaccioso sulla composizione delle liste per le politiche. «O si corre con una bandiera veramente unitaria oppure è meglio che ognuno corra con la propria bandiera». E che per Prodi la bandiera unitaria significhi la lista dell'Ulivo anche al Senato lo fanno capire i suoi collaboratori. «Non sarò leader senza un partito — avvisa Prodi — di una stretta coalizione di partiti. Sarò l'amalgama tra i partiti e la società civile di cui il Paese ha bisogno». Insomma ce ne è abbastanza per far tremare le vene dei polsi di Ds e Dl chiamati pesantemente in causa; tanto più che i Ds da appena due giorni tirano il fiato sul fronte interno per la vicenda Unipol, ma continuano ad esser messi sul banco degli imputati dal premier, dovendo anche oggi replicare a duri attacchi. Ed è non senza sconcerto che tutti leggono le notizie di agenzia che piombano sui telefonini nel bel mezzo dei pranzi domenicali, dopo aver già visto le prime avvisaglie di burrasca nella lettera aperta su La Repubblica. Parte un vorticoso giro di contatti con toni a dir poco irritati e nel frattempo esce solo il commento di un prodiano doc come Franco Monaco della Margherita; il quale ovviamente apprezza il rilancio del partito democratico e mette in guardia dalle «cose fatte a metà e dalle mezze misure», confermando così che nel contenzioso rientra la lista dell'Ulivo al Senato. La frenata dai Ds e dalla Margherita è invece affidata ad una nota congiunta dei due coordinatori Vannino Chiti e Dario Franceschini, che bacchettano il leader senza mezzi termini: «Ds, Margherita e Romano Prodi candidato alla presidenza del Consiglio, hanno preso la decisione di presentarsi con i simboli di partito al Senato, con quello dell'Ulivo alla Camera e di dare vita dopo le elezioni a gruppi unitari in Parlamento come ulteriore passo della costruzione in Italia del Partito democratico. È questa scelta e non la riapertura di un dibattito sugli assetti organizzativi che, unitamente all'impegno per approvare nei prossimi giorni il programma del centrosinistra per il governo del Paese, risponde alla domanda di unità posta anche dai cittadini che sono andati a votare per le primarie del centrosinistra. Ora di fronte all'aggressione della destra e al tentativo di Berlusconi di spostare il terreno del confronto elettorale, è il momento di parlare al Paese mettendo in campo le proposte e le idee per cambiare l'Italia». Tradotto, in un momento come questo, Prodi avrebbe fatto bene a tacere sul rilancio della lista dell'Ulivo e a parlare di temi che interessano il paese, invece di aprire una nuova polemica. Ma in casa Dl gli ulivisti non fanno mistero di soddisfazione perchè erano giorni, fanno notare, che il Professore subiva lo scacco dei partiti, con quelle frenate sul rilancio del partito democratico, quelle riunioni sulle candidature, sulla quota di prodiani nelle liste, sulla strategia della campagna elettorale degli stati maggiori Ds-Dl. E la domanda è se

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