Attacco simultaneo di Diego Della Valle e Carlo De Benedetti. Obiettivo: far fuori il premier
Il Cavaliere azzurro il prossimo bersaglio
Un attacco concentrico, simultaneo. Nello stesso giorno, Diego Della Valle e Carlo De Benedetti dichiarano guerra a Silvio Berlusconi. Per motivi diversi, ma l'obiettivo è lo stesso: farlo fuori. Assieme, come una morsa, i due imprenditori, in pratica gli editori dei due principali giornali italiani (il patron di Tod's è nel patto di sindacato del Corriere della Sera, l'ex capo di Olivetti è socio di maggioranza di Repubblica) preparano l'assalto finale al centrodestra e soprattutto al suo leader. Il loro asse ha già fatto rotolare molte teste: da Fiorani a Fazio, da Consorte a Gnutti, fino ad azzoppare Fassino e D'Alema. A partire lancia in resta, per la seconda volta in due giorni, è anzitutto Diego Della Valle. Venerdì lo ha definito «bugiardo» sulla storia dei diritti televisivi del calcio e il giorno dopo dice: «Non vedo l'ora che vada a casa». «Niente di personale», spiega Della Valle, ma l'imprenditore vede nel presidente del Consiglio una delle cause della caduta di moralità ed etica in atto nel Paese. Nel suo intervento, spesso Della Valle sottolinea questi due termini, mettendoli in contrapposizione alle parole furbini, magliari, pirati e non è un caso che citi Casini, Tremonti e Fini, alternative al premier, ai quali vorrebbe affidare il Paese («ma anche a Fassino, Mastella, Rutelli, Prodi e Bertinotti» per il centrosinistra) «perché loro fanno politica. Non si può lasciar gestire l'Italia a uno che decide come più lo diverte; è assurdo. Il Paese deve andare in mano a chi se ne occupa», mentre Berlusconi, dice Della Valle, è «uno che le mattine si sveglia pensando di essere padrone del Paese». «Ieri (in realtà giovedì, ndr) - aggiunge Della Valle - in tribunale a Roma c'è stata una sceneggiata di quartissimo ordine, smentita dopo 30 secondi, una cosa che è entrata come catastrofe ed è uscita come barzelletta». Usa questo episodio, l'imprenditore marchigiano, sottolineando che non entrerà mai in politica, per dire che Berlusconi ha fornito «la prova provata che con scene da avanspettacolo ritiene di poter imbonire la gente per bene. Abbiamo avuto la sintesi di come qualcuno pensa si possa governare un paese e di quale rispetto si possa avere della gente. Questo è l'abbassamento dei valori, in tribunale si va per cose serie, non per cose da cabaret. Per questo dico che deve andare a casa, per l'abbassamento del senso dell'etica, della morale». E aggiunge: «Noi assistiamo al degrado di tutto questo, ecco perchè quando posso io lo marco. Dalle intercettazioni e da ciò che è accaduto negli ultimi mesi si vede una gravissima promiscuità che vien voglia di fare la doccia». Gli fa eco Carlo De Benedetti: «Ho trovato l'iniziativa di Berlusconi una indecenza istituzionale e un eccezionale autogol. Ottime le parole di Della Valle. È da due mesi che tutti parlano di quattro banditelli o dell'ex governatore di Bankitalia, che anche lui è o un poveraccio, come io credo, o un burattino nelle mani di qualcun altro». Gravi promiscuità, banditelli, furbini. Della Valle va ancora alla carica. «C'è un responsabile dietro i furbini. Chi ha insegnato a tutti che si accorciano le strade, che si può fare tutto basta essere più furbi degli altri, non siamo noi, neanche Casini, Fini e Tremonti». E sulla scalata a Bnl, Della Valle salva le Coop e i Ds, non Consorte, non Fazio. E giustifica Fassino («forse è stato tirato dentro da uno che ha stratifato ed ha finito col parlare un po' troppo»). «In questa vicenda non c'entrano i Ds, nè la Confindustria, nè le Coop, nè i salotti. Se i salotti ci fossero ancora questo branco di pezzenti sarebbe ancora a Miami col motorino. Consorte non funzionava, non le Coop. Ho detto a tutti che cosa stava accadendo, che facce si stavano mettendo insieme. Vedevo un governatore di Bankitalia che utilizzava questo magliaro che aveva intorno per avere potere, si utilizzavano a vicenda pensando di essere uno più furbo dell'altro: erano pappa e ciccia. L'ho detto a D'Alema, a Berlusconi, a Rutelli, a Fassino. Ho detto a tutti che c'era il