In onda il Rai pride, ma nasconde veleni
Per festeggiare gli ascolti, Baudo presenta la passerella Vip dell'orgoglio di viale Mazzini
«Un'azienda questa che fa arricchire i suoi personaggi... Soprattutto quando vanno a Mediaset. E in molti qui riescono pure a trovare l'amore...», aggiunge allusivo Magalli, unica nota ironica di una lunga passerella formale. Schierati di fronte ai giornalisti anche i vertici, Petruccioli e il dg Meocci in testa, che si è difeso strenuamente in merito all'«incompatibilità». Per lui «il problema è stato aperto, ed esiste una regolamentazione. Del resto la normativa in merito c'era anche prima della mia nomina a commissario dell'Autorità - sottolinea - Era un mandato elettivo ed esiste la possibilità di collocazione in aspettativa, come è stato nel mio caso. Tanto che l'Autorità ha pagato in quei sette anni i contributi all'Inpgi». Insomma, Meocci è deciso a battersi con tutte le sue forze per dimostrare che la sua incompatibilità al ruolo di direttore generale Rai, in realtà, non ha fondamento. In attesa di sviluppi postelettorali alla faccenda, ieri nella sala dell'Auditorium dove la Rai ha illustrato tutti i suoi successi dell'anno, si è scatenata anche qualche polemica. Clemente Mimun, direttore del Tg1 reduce da un anno di record si è voluto togliere qualche sassolino dalla scarpa. «Il Tg1 mantiene la leadeship da quattro anni con buona pace dei critici televisivi e di coloro che avevano pronosticato, con l'arrivo dei cosidetti "berluscones", il crollo della Rai». Amaro invece il direttore del Tg2 Mauro Mazza. «Quando va in onda l'edizione serale, sulle altre reti c'è la guerra dei mondi. Ci aspettiamo da Meocci un incoraggiamento in termini di palinsesto». «Mazza ha le sue ragioni - replica il direttore generale Meocci - e questo perchè il Tg2 va in una fascia particolare, che è difficile, e parte in salita. Cercheremo di aiutarlo». Sibillino il presidente Petruccioli, che si è rallegrato dei risultati d'ascolto ottenuti, ma ha sottolineato che bisogna anche risolvere le questioni interne. «C'è una parola inglese, governance, che allude a qualcosa di più complesso e che ha bisogno di un organismo sano e che respira bene. Dobbiamo eliminare alcune difficoltà - ha detto ancora - per il pieno dispiegamento delle risorse interne e per un buon governo di questa azienda. Abbiamo ancora molto da fare e da lavorare». Chi a un certo punto non è riuscito più a sopportare l'atmosfera è stato Giovanni Minoli, che dopo le lodi e i ringraziamenti dei suoi «discepoli», Sveva Sagramola e Massimo Giletti, si è alzato e se n'è andato senza aspettare il suo momento di gloria davanti alle telecamere. Venir chiamato in scena dopo Simona Ventura va bene, ma dopo i protagonisti del Fantabosco, è vermente troppo.