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Amnistia e indulto, fine della farsa

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Il provvedimento, licenziato neanche due giorni fa dalla commissione Giustizia di Montecitorio, viene bocciato: per quanto riguarda l'amnistia, con solo otto voti di scarto e per quanto riguarda l'indulto, con 206 «sì» e 178 «no». L'Unione si divide e il risultato, per altro piuttosto scontato, viene salutato con favore dalla Lega e da An, da sempre contrarie a concedere i provvedimenti di clemenza. Mentre la «Rosa nel pugno», con tanto di Marco Pannella che si materializza in Transatlantico dopo il voto, attacca Ds e Dl per aver votato «no» all'amnistia. Anche nella Cdl la spaccatura è evidente: FI e Udc votano «sì», mentre An e Lega, contrarie, fanno ostruzionismo. Sull'indulto senza amnistia, però si ricompattano votando unite contro. «Un provvedimento dimezzato - spiega Erminia Mazzoni (Udc) - non serve a nessuno...». Il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini si definisce «facile profeta» e afferma: «Non ci voleva tanto a capire che questo sarebbe stato l'esito, non si doveva essere un Einstein della politica. Ci sono stati troppi condizionamenti esterni e c'è chi ha giocato con la vicenda per interessi politici che poco avevano a che fare con il problema». Mentre il ministro della Giustizia dichiara: «Ancora una volta i detenuti sono stati illusi...». L'aula e i conti... L'ostruzionismo di An e Lega «inchioda» dall'altra sera l'Aula della Camera ad un dibattito infinito. La seduta comincia presto, ma si arriva al primo voto solo in tarda mattinata, quando si bocciano le questioni pregiudiziali e sospensive presentate da An e Lega. Per il primo voto sugli emendamenti si deve aspettare il pomeriggio. Casini mette subito le carte in tavola: per gli emendamenti soppressivi serve la maggioranza semplice, mentre per quelli sostitutivi e per gli articoli del testo, nonchè per il provvedimento nel suo complesso, serve la maggioranza qualificata dei due terzi (406 voti). «I conti - profetizza subito Giovanni Kessler (Ds) - sono presto fatti: 406 deputati che dicono "sì all'amnistia" non ci sono. Quindi i giochi sono già finiti...». Ma per bocciare l'amnistia ne bastano di meno. L'emendamento soppressivo dell'articolo che la introduceva, che necessita di una maggioranza semplice, passa con 206 «sì» e 191 «no». Cioè con 15 voti di differenza e con solo 8 di scarto. Subito dopo tocca all'indulto respinto con 206 sì all'emendamento soppressivo e con 178 «no» più due astenuti. E all'indulto ridotto, affossato quasi all'unanimità (353 sì,3 no, 2 astenuti). Nessuno chiede il voto segreto. Nessuno chiede il voto segreto. Definito fino a ieri sera «necessario» anche dal deputato della Margherita Roberto Giachetti, da sempre tifoso del provvedimento di clemenza (fu lui a raccogliere le firme per far riunire la Camera il 27 dicembre scorso), in quanto avrebbe garantito una maggiore «libertà di azione», nessuno lo invoca. Per chiederlo servono le firme di 30 deputati o la domanda da parte del presidente di un gruppo parlamentare. Ma nessuno si muove. «Hanno fatto bene a non chiederlo - tuona Marco Pannella - così ognuno viene inchiodato alle proprie responsabilità». Unione e Cdl si spaccano e scoppia la polemica. Il centrosinistra si divide: Ds e Dl dicono «no» all'amnistia e «sì» all'indulto. Rosa nel pugno e sinistra radicale protestano. «È un errore gravissimo», dichiara Enrico Boselli. Ma dopo il voto si alza il tono della polemica. E il capogruppo dei Dl Pierluigi Castagnetti lancia il suo «j'accuse» agli alleati: «L'amnistia per come era stata scritta era una presa in giro. Lo dico a Buemi e a chi l'ha sostenuta. Serviva solo per una speculazione elettoralistica...». Mentre Pannella rincara la dose: «In quale Unione entriamo? In quella di Santi Apostoli o in quella con i Ds, Bossi e La Russa?». Significativo anche il leader dell'Udeur Clemente Mastella: «È stato un errore seguire un pifferaio fintamente magico come Pannella...». Finisce così una farsa che ha occupato le pagine dei giornali per un mese. Anche se era chiaro dal primo minuto che non c'erano nè i nume

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