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Si sgretola il regno di Bassolino Guerra sulle poltrone, Napoli muore

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Che ben si adatta all'Unione di centrosinistra: è «pezzottata». Una cosa che sembra ciò che deve essere ma non lo è. Un «pacco», come quelli che rifilano i truffatori agli ignari turisti. È quello che sta accadendo ai napoletani. Si lasciano ammaliare dal «rinascimento» bassoliniano, attrarre dalla voce decisa della Iervolino, dall'esperienza di De Mita e sperano nel «miracolo»: governabilità, ripresa, sviluppo. Salvo, poi, tornare a casa e scoprire il più classico dei «mattoni», ovvero una formazione politica tenuta assieme con i cocci, divisa al suo interno e improponibile all'esterno. Ultimo episodio, ma nel centrosinistra in salsa partenopea c'è chi scommette che il «divertimento» - quello vero - deve ancora arrivare, la ricandidatura di Rosa Russo Iervolino a sindaco. Un melodramma all'ombra del Vesuvio, una sceneggiata con Bassolino nella parte di «isso», la Iervolino in «essa» e De Mita nel ruolo di «'O malamente». La storia è questa. La prima cittadina, quando c'è da decidere sul da farsi, appena poco tempo fa, sceglie di non ricandidarsi per ritagliarsi un ruolo da nonna per i nipotini e - più credibile - una parte di rilievo nel futuro scenario politico nazionale. La decisione non spiazza nessuno, non il suo partito di riferimento, la Margherita. Di certo solleva l'animo di Ciriaco De Mita, il grande «vecchio» dell'Ulivo partenopeo. Ma quando comincia il balletto dei nomi, la lady dalla voce di ferro che cosa fa? Torna in pista, decidendo di non mollare la poltrona di palazzo San Giacomo e qui lo sconforto è generale. Bassolino e Iervolino si parlano, si consigliano. Intanto, «'O malamente» trama. E De Mita, segretario regionale della Margherita, lo fa non tanto nell'ombra, ma pubblicamente lasciandosi andare in dichiarazioni al veleno tanto da spingere la Iervolino più volte a chiedere rispetto. De Mita l'accusa di averlo fatto soltanto per Bassolino e nel contempo fa capire a chiare lettere che nella prossima consiliatura il peso specifico della Margherita in giunta deve essere più consistente con assessorati più prestigiosi, visto che al momento conta su due deleghe di poco spessore come quella al personale e quella «rognosa» a strade e rifiuti. Tra i litiganti c'è una città sofferente sotto i colpi dell'illegalità diffusa, gli attacchi della criminalità e una invivibile quotidianità. Lo stesso humus di riferimento dell'Ulivo in Campania comincia a intorbidirsi. L'elettorato scricchiola sgomento di fronte al succedersi degli eventi. Alla sceneggiata non decide di partecipare il movimento degli intellettuali che strizza l'occhio alla formazione di centrosinistra. L'incantesimo si infrange quando Aldo Masullo, punto di riferimento della classe pensante della città, tuona invitando a disertare le urne. I napoletani potrebbero accettare l'invito. Il clima di incertezza invece di stimolare l'Unione a cercare una parvenza di tregua genera altra confusione. Iervolino a parte, l'Ulivo è in affanno. Lo Sdi, poche anime socialiste all'interno del consiglio regionale, per esempio, decide di abbandonare la nave della maggioranza lasciandola al suo destino. Per ripicca. La Regione, infatti, rischia la crisi sulla questione Sanità con Udeur, Margherita e Ds che la fanno da leone nella vicenda delle nomine di direttori e dirigenti Asl. Lo Sdi non ci sta, reclama pari trattamento. Si racconta di riunioni notturne a quattro - Bassolino, Udeur, Margherita e Ds - con tanto di telefonate dalle Mauritius dove Mastella era in vacanza. I nomi dei socialisti non vengono accettati e Di Lello, unico Sdi in giunta, consegna le dimissioni. Intanto, il Governatore trova il tempo di aprire ferite all'interno dei Ds, «disinteressandosi» al caso di De Luca, l'ex sindaco di Salerno, tra i potenti diessini, finito sotto la lente di un'inchiesta giudiziaria. I due fanno scintille. I partiti minori, assistendo allo spettacolo offerto da Ds e Margherita, trovano il coraggio per alzare la voce. Il consiglio comunale di Napoli, per esempio, è un campo di

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