«Ai Girotondi l'eredità morale della Quercia»
Non la pensa così Francesco «Pancho» Pardi, incoronato come uno dei leader simbolo della «stagione dei movimenti». Pardi, al secolo professore associato di Analisi Urbanistica presso l'università di Firenze e promotore del laboratorio per la democrazia, non ce la faceva più a resistere e, così, ha deciso di lanciare il suo monito. «Credo - spiega - che si tratti di un'ipotesi da considerare con lucidità. Avevamo stravinto le regionali, avevamo espresso un grande spirito di coalizione attraverso lo svolgimento delle primarie. Oggi, quel vantaggio, rischia di essere dilapidato per l'incapacità dei partiti di fare il loro mestiere». Ci sarà pure una via d'uscita? «La via d'uscita è un maggiore protagonismo di quella che viene chiamata la società civile. C'è una parte dell'elettorato di centrosinistra molto interessato alla coalizione e molto poco ai partiti. Questa parte dell'elettorato non può rimanere senza rappresentanza altrimenti sceglierà l'astensionismo. Occorre recuperare questo consenso». Oppure si perde? «Altrimenti c'è il rischio concreto di consegnare il paese per altri cinque anni nella mani di Berlusconi. Una cosa che, personalmente, considero una iattura totale». Quando parla di recuperare questo consenso pensa, per caso, ad una lista dei movimenti? «Se proprio vogliamo darle un nome la chiamerei lista nazionale della libera cittadinanza. Ma non vorrei dare definizioni, credo che occorra una lista che colmi questo deficit di rappresentanza, ma che questa debba uscire da una discussione pluralista». Parliamo della vicenda Unipol. Che idea si è fatto? «Non credo che i soci coop, tra i quali figuro anch'io, pensassero che i loro soldi sarebbero stati impiegati in una scalata bancaria. Tra l'altro, da "principiante" della finanza, non ho mai visto un'impresa che vale uno mangiarsene una che vale sei. Francamente non mi sembra un'operazione destinata ad andare a buon fine». E i Ds? Occhetto ha detto che, oggi, D'Alema e Fassino sono addirittura peggio di Bettino Craxi. «Occhetto, che è una persona molto misurata, forse stavolta ha ecceduto. Ma sa, lui se ne intende più di me di classi dirigenti». E lei, da «principiante», non pensa che Fassino e D'Alema debbano passare la mano? «La messa in discussione dei dirigenti di un partito spetta agli iscritti di quel partito. Certo è indubbio che la dirigenza Ds, dalla bicamerale ad oggi, ha commesso una serie di errori capitali». Tipo? «Innanzitutto quello di discutere di Costituzione con Berlusconi. Per avere Berlusconi nella bicamerale il centrosinistra non fece la legge sul conflitto di interesse col risultato che oggi ci troviamo con milioni di conflitti di interesse». Non le sembra di essere un po' troppo duro con quelli che dovrebbero essere i suoi alleati? «La critica che noi facciamo ai partiti di centrosinistra è una critica rivolta a chi sta dalla nostra parte. Io non sono di quelli che pensano che una telefonata tra Fassino e Consorte pareggi le migliaia di leggi ad personam approvate da questo Governo. Questa legislatura passerà alla storia come quella in cui l'interesse privato si è dimostrato supremo sull'interesse pubblico». Parliamo di intercettazioni. La sinistra che prima le ha usate, oggi le condanna. Consa ne pensa? «Non sono un esperto, ma se le intercettazioni fanno già parte di un procedimento e sono atti pubblici, non credo sia un reato pubblicarlo. Se, al contrario, sono coperte dal segreto di ufficio e vengono pubblicate, sarebbe utile capire come questo è stato possibile». Ma lei le avrebbe utilizzate? «Non vorrei essere troppo brutale ma mi verrebbe da dire: meno manle che ci sono le intercettazioni. Mi sembrano l'unica garanzia a difesa dell'interesse pubblico. Poi, se qualcuno finisce triturato, è un suo problema, ma non mi sembra questo il caso di Fassino».