«Consorte fai come me»
«C'è qualcuno che è disposto a fare la parte di Greganti?». «Devono confidare in un Greganti anche questa volta?». Chi in questi giorni accusa la sinistra e in particolare i Ds di eccessiva vicinanza con le manovre di Unipol e Consorte, tira in ballo il mitico compagno G. Infatti secondo gli avversari, da Bondi (FI) a Fragalà (An), i Ds possono giusto sperare di trovare qualcuno disposto ad addossarsi tutte le colpe, come fece più di dieci anni fa l'ex dirigente del Pci, per impedire che venga fuori la cruda verità, ovvero che non esiste nessuna diversità a sinistra in tema di corruzione e di interessi economici e finanziari. Greganti all'epoca di Tangentopoli divenne famoso perché, di fronte alle disavventure giudiziarie, più dell'angoscia di stare in un cella fece prevalere la volontà di non trascinare il suo partito in uno scandalo. Nel '93 Greganti fu arrestato con l'accusa di aver ricevuto sul proprio conto il denaro di una tangente che i pm ritenevano destinata al Pci, passò quattro mesi in carcere a San Vittore, ma negò ogni addebito e soprattutto non fece nomi. A sinistra diventò un eroe, a destra il simbolo che il Pci non era diverso dagli altri partiti, ma che certo aveva uomini in grado di resistere meglio alle pressioni dei magistrati. Allora il giornalista Giampaolo Pansa, editorialista dell'Espresso e grande fustigatore di socialisti — ma anche comunisti corrotti — lo difese apertamente. In una famosa trasmissione di quelle ancora corsare di Michele Santoro, di fronte al popolo della sinistra televisiva Pansa disse: «Di quest'uomo io mi fido. Da lui comprerei un'auto usata». Era il suo trionfo, anche se poi in pratica la vita di Greganti da allora non è stata per niente facile. È stato tre volte condannato per finanziamento illecito e corruzione. Ha chiuso con la politica e vive ancora a Torino. Oggi ha 65 anni, un po' malandato fisicamente (dice: «L'unico motivo che qualche volta mi porta a Roma è fare controlli al cuore»), si dedica al volontariato. Però il vecchio amore per la politica non è spento. E se gli chiedi del caso Unipol-Bnl e le liaisons dangereuses tra Fassino e Consorte, non nega di aver seguito con attenzione tutta la vicenda, anche se solo dai giornali. Consorte si comporterà come fece lei ai tempi di Tangentopoli? «Beh, mi auguro proprio di sì. Consorte deve fare esattamente come feci io: dire tutta la verità, tutto quello che sa e non rifiutarsi mai di rispondere. Naturalmente deve essere disposto ad accettare il giudizio della giustizia. Gli auguro di riuscire a dimostrare la sua estraneità agli illeciti. Il processo ci dirà come sono andate le cose. Quello che però ora come ora mi preoccupa è l'Unipol. È una grande azienda, la vita di una società così importante non può essere condizionata dalle vicende di Consorte. Ci sono migliaia di lavoratori, di dipendenti che hanno bisogno di andare a lavorare, la società deve poter andare avanti tranquillamente». Va bene difendere i lavoratori, ma è giusto che le cooperative si occupino di alta finanza? «Le cooperative nella nostra economia sono un soggetto importante. Si occupano di lavoro, di distribuzione e devono poter accedere al credito, alle finanze come gli altri operatori. Le cooperative operano in un economia di mercato e si devono organizzare per non essere penalizzate rispetto ad altri». Ma il mandato delle cooperative non dovrebbe essere un altro? «Se le cooperative accedessero a Bnl per prendere i soldi e per fare speculazioni o giocare a Saint Vincent, io le direi certo non è quello il loro fine. Ma se in un economia capitalista il risparmio delle banche serve a far girare l'economia e non si capisce perché le cooperative non dovrebbero accedervi». Fassino ha svolto un ruolo non corretto nella vicenda Unipol? «Io non conosco i fatti e non mi pronuncio su cose che non so. Avverto che è una situazione particolare, siamo a pochi mesi dalle elezioni, in questi frangenti si fanno insinuazioni pesanti. È evidente che è in atto una speculazione politica. Quanto sta uscendo in questo g