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Importiamo l'85% del totale E ora vendiamo anche la rete

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Pronti a rimetterci persino per un acquazzone, un colpo di freddo avvenuto in qualche sparuto posto della Terra. Sull'energia, l'Italia non è un Paese sovrano. Anzi, è esattamente il contrario. Una lite condominiale in qualche angolo del globo rischia di lasciarci senza luce, senza riscaldamento, senza energia. E se proprio non siamo in questa situazione, ci avviciniamo molto. Per capirlo basta un dato: l'85% della nostra energia è importata dall'estero. Tanto vale per il petrolio che per il gas. Non avendo materie prime, l'Italia è rimasta indietro. Dalla crisi petrolifera del 1973, anno in cui tutti i Paesi occidentali hanno deciso di diversificare in modo da diminuire la dipendenza dall'oro nero, la Penisola non è stata in grado di seguire gli altri. Poche strade potevano essere intraprese: la principale di queste, l'energia nucleare, l'abbiamo percorsa per appena qualche metro. Il risultato è che l'Italia dipende dalle crisi mediorientali, ma anche africane, alle volte persino da piccoli conflitti regionali che fanno per esempio sobbalzare il prezzo del petrolio. Scrive l'Autorità per l'energia nella sua ultima relazione annuale: «L'evoluzione giornaliera delle quotazioni del petrolio nel 2004 è fortemente correlata con fattori di natura congiunturale già presenti nel 2003 quali soprattutto: le conseguenze irachene, le tensioni in Arabia saudita e più in generale l'evoluzione del contesto mediorientale; i contrasti in altri Paesi produttori (Nigeria, Norvegia, Russia e Venezuela), l'altalenante livello di scorte di greggio e raffinati, l'influenza del clima». Già, il clima: meglio ancora il meteo: «Un'ondata di freddo, così come un assalto a un oleodotto iracheno - si legge ancora nel testo -, possono provocare spostamenti di denaro da un titolo all'altro, creando forte volatilità nei prezzi del petrolio». E veniamo alle cifre, davvero impressionanti. Stando a quelle del bilancio energetico nazionale (reso definitivo l'11 novembre scorso dal ministero Attività Produttive), L'Italia produce 31,023 mtep (sigla che sta per milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di energia. E ne importa 191,947 mtep, l'86% del totale dell'approvvigionamento. Nel 2003 la quota era dell'86,2%. Di quei 191 mtep di energia che importiamo, ben 107,804 mtep sono di petrolio, oltre il 56% del totale. Per il resto 56,024 è gas naturale, 16,988 sono solidi, appena 0,917 sono energie rinnovabili, 10,214 è energia elettrica. E che cosa produciamo? la metà è energie rinnovabili, un terzo circa è petrolio. In compenso nel nostro saldo vanno calcolati anche 25,731 di mtep che esportiamo all'estero, quasi tutto è oro nero. Un discorso a parte riguarda invece il gas naturale, il cui consumo è cresciuto lentamente anno dopo anno in particolare a cominciare dal 1994. Lo importiamo soprattutto da due Paesi: Russia e Algeria. I due maggiori punti di entrata sono infatti Tarvisio e Passo Gries (60%), mentre il 34,4% giunge da Mazara del Vallo. L'Autorità per l'energia ha effettuato anche una elaborazione sul mercato del gas dal quale emerge che sono sostanzialmente quattro i maggiori players. La parte del leader la fa certamente Eni Gas & power, che vende 53.632 metri cubi. Di questi quasi 42mila (oltre il 78%) li importa, mentre quasi 11mila sono di propria produzione. Discorso diverso per Enel trade che ne vende meno di un terzo: 16.268, di cui 9373 (il 57%) proviene dall'estero. Edison, invece, vende 9565 metri cubi, di cui 6842 (71%) è da importazione, circa mille invece provengono dalla produzione in casa. Il quarto grande attore del mercato è Plurigas, con i 3505 metri cubi di vendite che giungono tutti dall'estero. Ma dove finisce il gas naturale che importiamo? Di quei 56 mtep, una minina parte svanisce in consumi vari e perdite: circa lo 0,816 mtep. Ben 23,803 mtep, invece, vengono trasformati in energia elettrica. E va rilevato come, proprio l'autorità, spiega come «la pressoché totale saturazione della capacità di raffinazione

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