«Vendiamo la Rai alle Fondazioni»
Il presidente Petruccioli lancia l'idea in un piccolo saggio sulla televisione
Si intitola così il piccolo saggio di 57 pagine che Claudio Petruccioli, approfittando del ruolo di presidente della Rai, ha affidato al dibattito pubblico come un buon proposito per il nuovo anno. Anzi per il prossimo decennio, visto che l'orizzonte a cui guarda è quello del 2016, data in cui scadrà la ventennale concessione tra la Rai e lo Stato. Per allora «l'idea di servizio pubblico va ridefinita», e Petruccioli getta sul tavolo alcune indicazioni «del tutto personali» per spiegare come. Prima di tutto è necessario a suo avviso «tagliare il cordone ombelicale con la politica», per avere «un Cda non ipotecato dalla politica», questa è per lui «la strada maestra». Quindi bisogna intervenire nella proprietà «in modo formale e sostanziale», ovvero o passando alla «privatizzazione vera», o alla strada che lui preferisce, ossia ad un assetto simile a quello dell'Enciclopedia Italiana. «La scelta potrebbe essere in modo ancora più netto nella direzione delle Fondazioni bancarie, istituti - spiega - che non agiscono a scopo di lucro e che redistribuiscono per attività sociali gli utili di cui dispongono. Il presidente dovrebbe avere un'investitura istituzionale molto forte». A suo avviso «costruite le premesse legislative, basterebbe procedere ad una definizione convenzionale del valore dell'azienda. Andrebbero poi individuate fra le fondazioni bancarie un numero adeguato di soggetti fra i quali distribuire in quote uguali le azioni. Il Tesoro ne avrebbe vantaggi e il passaggio di proprietà non avrebbe bisogno di ulteriori tappe nè di particolari tutele». Per Petruccioli poi «Rai Spa potrebbe anche, in base a proprie scelte strategiche, aziendali, finanziarie, produttive ecc. decidere di articolarsi in più società». Che però dovrebbero «mantenere un rapporto di scambio molto intenso per far fronte a tutti gli impegni ai quali risponde oggi la Rai nella sua interezza». Ma perchè il servizio pubblico sopravviva servono anche altre certezze e la prima è quella finanziaria: «Non è in alcun modo accettabile che il canone sia di anno in anno sottoposto alla inappellabile sentenza del Ministero delle Comunicazioni», perché la Rai deve essere impresa.