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«Noi in Iraq solo a guerra finita»

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Carlo Azeglio Ciampi apre il 2006, come ogni anno, a Napoli, facendo eco alle parole di Papa Benedetto XVI, che sollecita il disarmo nucleare. Il capo dello Stato, mentre il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini è in visita a Nassiriya, parla anche della missione in Iraq e sottolinea che i militari italiani ci sono andati a guerra finita: «Ricordiamocelo sempre», afferma. La pace, dunque. Gli italiani sanno che il tema gli sta a cuore: ne ha già parlato tante volte, anche ieri seri a reti unificate. E Ciampi torna sul discorso di fine anno: «Mi avete sentito, i napoletani queste cose le capiscono bene, ho parlato veramente col cuore». Qualcuno ha detto, però, che mancava un riferimento alla missione italiana in Iraq. Risponde ai cronisti, il capo dello Stato, e parte, dal messaggio cha arriva da Piazza San Pietro: «Sapete bene che ho parlato anche ieri della pace: ho ricordato quella bella frase della bambina di Corleone». «La pace ti nasce dal cuore e si diffonde nell'aria», aveva detto. E sul disarmo nucleare richiesto dal Papa, continua: «Sapete bene quante volte ho parlato anche di queste armi che sono di distruzione totale, contro le quali bisogna operare». Quindi il passaggio sull'Iraq: «Noi siamo andati in Iraq, quando la guerra guerreggiata era finita. Ricordiamocelo sempre. Le nostre truppe sono arrivate in Iraq nel giugno 2003 quando gli eventi bellici veri e propri erano finiti alla fine del marzo 2003». I napoletani, tanti, lo aspettano sotto la pioggia, che però, all'arrivo del presidente della Repubblica, concede una tregua. Ciampi stringe mani, sorride, risponde alle richieste della gente, e parla. Ma non della nuova nomina del governatore di Bankitalia: «Non parliamo di cose particolari, per favore», chiede. Poi, invece, risponde a una domanda sulla crisi della classe dirigente - altro elemento che per qualcuno mancava al suo discorso di ieri - parlando ancora dei giovani: «Il nostro futuro è la gioventù, sono i giovani che devono formarsi per essere una grande classe dirigente. Continuate...». Quando gli si apre un varco perché finalmente raggiunga il caffè e la sfogliatella al bar "Gambrinus", il capo dello stato richiama e trattiene l'attenzione sul saluto agli italiani all'estero: «È bello ricordare le comunità degli italiani all'estero, ricordiamocelo spesso». Anche per capire i progressi che ci sono stati, prosegue: «Dobbiamo farne ancora tanti, ma ne abbiamo fatti tanti». Ci ha pensato attraversando il porto di Napoli, vedendo i container, le navi, che gli hanno fatto pensare ai velieri e ai piroscafi, che partivano con gli emigranti «in quelle condizioni di povertà, un secolo fa». Cita le comunità italiane di San Paolo, Montevideo, New York, i concittadini in Germania. Alla folla Ciampi si presenta da solo, ma dentro lo attende la moglie Franca. Che poi uscirà al suo fianco, avvicinandosi alla gente. La signora è in grigio, avvolta in una mantella di lana. Napoli «lo sa». Ma Ciampi, fedele al suo appuntamento di fine anno, ripete il suo affetto per la città: «Vi voglio bene. Non da oggi, nè da ieri, ma da tanto tempo». Applausi, canti, mani tese per salutarlo. Alla fine di corsa lo inseguono. Andrà a Scampia? «Sono qui per riposarmi - risponde - non ho ancora un programma giorno per giorno». Il destino della squadra di calcio della città? «Vogliamo il Napoli in A - risponde ancora sorprendendo i tifosi - Quando vedo lo stadio San Paolo, chiedo: Ma come? Il Napoli non è in A?». Poi una risposta che suona come una promessa. Finito il suo mandato, l'anno prossimo, tornerà? gli chiedono: «Io venivo prima di essere presidente. Venivo, allora, a Natale e a Capodanno, e il 2 ripartivo. Ora devo fare il Natale e il Capodanno a Roma, c'è il 31 dicembre. E il 1 sono sempre qua».

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