La Procura di Milano vuole arrestare Unipol

È questa la sorprendente trasformazione del ruolo dei magistrati di Milano, che dopo aver indossato la maglia di registi nella cessione delle azioni Antonveneta dalla Popolare Italiana all'olandese Abn Amro, adesso devono averci preso gusto, e così ieri hanno mandato un segnale chiaro al mercato: a decidere se l'Opa Bnl si può fare o meno non saranno le autorità di vigilanza (fissate dalla legge) Bankitalia, Isvap e Consob, ma le toghe della Procura. Alla mossa dell'Unipol, che ha scaricato Consorte e preso nettamente le distanze dai manager indagati, il tribunale ha subito risposto - come in una partita a scacchi - indagando tutta intera la società - come soggetto giuridico - per non aver predisposto i modelli organizzativi destinati a prevenire illeciti. A Bologna, sede della compagnia di assicurazioni che ha già in mano il 51% della Banca nazionale del lavoro e disponibilità finanziarie per oltre 4 miliardi (immobilizzate in attesa di sapere se può comprarsi o meno l'istituto di credito romano), come sempre ostentano sicurezza nella prosecuzione del progetto. Ma il clima ormai è pesantissimo, e nessuno si sente più di escludere che il ciclone giudiziario, politico e mediatico in atto non finisca per far naufragare l'operazione. Più che la validità del progetto industriale, con la nascita del più grande polo di bancaassurance del Paese, adesso infatti è forte il timore che possano prevalere altre logiche, a partire dalla logica dei veleni sul mondo politico. Una prova di questo clima è il clamoroso autogol di due quotidiani, Il Corriere della Sera e Il Giornale, che ieri hanno riferito di una telefonata compromettente tra l'ex ministro delle Finanze Ds, Vincenzo Visco e il capo della vigilanza di bankitalia, Francesco Frasca. La notizia, che nasceva dall'interpretazione di alcune intercettazioni telefoniche, era però infondata, come hanno fatto sapere in giornata la stessa Banca d'Italia e Visco. Il colloquio, infatti, aveva coinvolto il direttore centrale per le attività esere di palazzo Koch, Ignazio Visco, e non l'esponente Ds. Immediata la reazione dell'ex ministro, che ha minacciato azioni legali ma che, soprattutto, ha potuto dimostrare ancora una volta l'utilizzo capzioso di alcune informazioni giornalistiche in una battaglia a senso unico contro l'Unipol. In realtà, però, una telefonata tra Vincenzo Visco e Frasca c'era stata. «In una intervista al Sole 24 Ore - ha spiegato lo stesso Visco - avevo espresso la mia opinione nei confronti di Frasca, che conosco da quando eravamo studenti, in relazione all'avviso di garanzia da lui ricevuto. In seguito a quell'intervista, io ricevetti una telefonata di ringraziamento da Frasca e, come ovvio, in quell'occasione, non si parlò nè di scalate, nè di Unipol, nè di qualsiasi argomento attinente alle funzioni del dottor Frasca». «Valuterò insieme ai miei legali - conclude Visco - la sede più opportuna per procedere alla tutela della mia onorabilità e della verità dei fatti». Intanto la battaglia giudiziaria continua ad avere effetti distorsivi sul mercato. L'ultima mossa dei magistrati si è infatti subito trasformata in un contraccolpo tangibile sul valore dell'Unipol. Il titolo della compagnia bolognese, che ieri mattina aveva aperto in territorio positivo sull'onda lunga dell'annuncio delle dimissioni dei vertici, ha poi invertito la tendenza alla notizia dell'iscrizione della società nel registro degli indagati a Milano per responsabilità oggettiva nell'ambito della scalata ad Antonveneta. In chiusura ha lasciato sul terreno l'1,74% a 2,378 euro. Ha finito in perdita anche Bnl: il titolo ha perso lo 0,64% a 2,781 euro.