Prodi fa paura, i capitali volano all'estero
«Se vincono lui e Prodi ci aspettiamo un boom di clienti…», dicono i "fiduciari" esteri dei Paperoni italiani, pronti ad esibire il kit dell'investimento sicuro oltreconfine: trust patrimoniali, fondi chiusi, aperti, mobiliari, immobiliari, azioni, obbligazioni, speculazioni valutarie, private-banking, depositi blindati. Insomma, ce n'è davvero per tutti i gusti, basta una telefonata. E le linee, nelle ultime settimane, si sono già fatte bollenti: la paura della scure fiscale targata "Unione" che potrebbe abbattersi sui risparmi degli italiani da qui a qualche mese, sta già creando un effetto-panico paragonabile negli effetti a una sorta di tsunami dorato pronto a superare le Alpi. Le cifre a disposizione sono illuminanti: due italiani su dieci con un patrimonio tra i 500mila e i 2 milioni di euro si stanno organizzando per "investire" all'estero, nelle ultime settimane le società di studio del settore stimano un aumento del 200% negli affidamenti patrimoniale in aree fiscali di vantaggio attraverso lo strumento del trust. Ma non basta: dalla Svizzera arrivano informazioni su un'ondata di ritorno dei capitali condonati con lo scudo fiscale. Secondo gli intemediari ticinesi ben 300 dei 400 miliardi di franchi affidate a istituti di credito svizzero sarebbero riconducibili a cittadini italiani Il timore è che dal 2006, se vincesse l'Unione si toccherebbero le punte record di fughe di capitali all'estero raggiunte tra il '90 e il '97, quando presero la via straniera - con metodi leciti e illeciti - circa 150 mila miliardi di vecchie lire, come da rapporto Bankitalia. Peraltro le punte massime di investimenti italiani all'estero si raggiunsero proprio tra il '98 e il '99 con i governi centrosinistra. E forse non è un caso. Il problema, va detto, non è quello dei paradisi fiscali, definizione ormai superata: oggi per portare patrimoni e capitali al sicuro basta muoversi all'interno della normativa armonizzata della Ue con strumenti assolutamente legali e più che convenienti. Il trend di trasferimento dei denaro all'estero è iniziato da almeno un anno, quando tra i capitalisti italiani si è diffusa la sensazione che il governo Berlusconi avrebbe potuto cedere il passo un centrosinistra dominato dalla figura del comunista Bertinotti. Dietro l'angolo, infatti, c'è l'ipotesi di introduzione di una tassa patrimoniale, l'innalzamento della pressione fiscale sulle rendite finanziarie e la riproposizione delle imposte su donazioni e successioni. Tanto basta per spaventare chi ha a disposizione qualche spicciolo, si fa per dire, e per convincerlo a riportarlo fuori dal Belpaese senza correre rischi di elusione o evasione fiscale visto che il diritto internazionale consente di muoversi all'interno delle aree normative dei Paesi Ue senza necessariamente farlo in maniera clandestina. «Gli strumenti per fare investimenti convenienti all'estero esistono e non vanno criminalizzati - spiega Alessandro Pallara, direttore del Centro Studi di Fiscalità Internazionale ISUFI, in partnership con l'Università di Lecce, nonché "fiduciario" per conto della società svizzera Gemana Group - perché con le nuove normative sulla trasperanza bancaria anche in Svizzera, così come in altri paesi europei, la blindatura dei conti si sgretola in caso di ipotesi di reato, come riciclaggio o evasione, reciprocamente riconosciute dagli Stati». Le mete preferite per i capitali italiani restano la Svizzera e Montecarlo, ma è in forte ascesa anche Cipro, il "paradiso" del trust, lo strumento che consente l'affidamento del proprio patrimonio a un soggetto autonomo che garantisce l'anominato. «In tanti pensano a tutelare i figli, il passaggio generazionale, spesso preoccupati dalle nuove leggi che potrebbero colpire i patrimoni», spiega Fabrizio Vedana, responsabile dei servizi legali dell'Unione Fiduciaria, la società che fa capo alle banche popolari. Effetto-Bertinotti, dunque