Un uomo solo al comando: Draghi

È il candidato su cui si ritrovano un po' tutti d'accordo. Almeno in linea di massima. È il candidato alla successione di Antonio Fazio che ha più chance di farcela a diventare il nono governatore della Banca d'Italia. Piace a Carlo Azeglio Ciampi, che non è solo il presidente della Repubblica, ma anche il Governatore onorario. Piace al centrosinistra, il tandem tra lui è Prodi è antico visto che hanno condotto praticamente assieme una parte delle grandi privatizzazioni italiane. E piace tutto sommato anche al centrodestra, anche se non lo vede come un uomo proprio. Ma almeno lo considera migliore degli altri. Resta da capire se lo stesso Draghi, oggi alla Goldman Sachs, accetterà o meno un'eventuale offerta. Tuttavia, se dovesse declinare, il più vicino nella «graduatoria» che si può stilare al termine di una convulsa giornata di contatti e incontri, sarebbe Vittorio Grilli. Caro a Tremonti, pupillo di Ciampi, non sgradito al centrosinistra, l'ex Ragioniere generale dello Stato vede lievitare le sue azioni nel totonomine. Insomma, non è stata una giornata noiosa e con sbadigli. Tutt'altro. Il «direttorio» del governo, una sorta di consiglio di gabinetto in cui siedono tutti i big della coalizione, si riunisce alle nove e mezzo del mattino. C'è Berlusconi e c'è Tremonti. Arriva Fini. Poi si siedono Buttiglione e Calderoli con La Malfa e Caldoro. E infine, ma non ultimo, Gianni Letta, che ascolta in silenzio. Si parla soprattutto della riforma del risparmio e molto di striscio del governatore della Banca d'Italia. Ma è proprio Berlusconi a frenare, non vuole che si inizi la discussione in maniera così larga e vasta: «Così non arriviamo mai a una decisione». Tremonti però fa capire che non si può perdere altro tempo: «Dobbiamo scegliere in settimana». Ma Buttiglione frena: «Attenzione, vogliamo capire che partita stiamo giocando. Stiamo parlando solo della riforma del risparmio oppure stiamo decidendo anche il prossimo governatore? Sono due trattative unite? Sono la stessa partita? O si tratta di due cose diverse?». Seguono interventi, si parla, tutti si trovano un po' spiazzati e Berlusconi, spalleggiato da Letta, prova a riassumere: «Facciamo così. Individuiamo in questa sede i contorni, la figura. Dei nomi parliamo in riunioni bilaterali. Ognuno di voi si vede con me e ne parliamo». E nei sondaggi che il Cavaliere comincia ad effettuare con gli alleati è proprio il nome di Draghi che suscita maggiori entusiasmi e ha dalla sua una carta fondamentale: è diventato il candidato di Gianni Letta. Mentre Grilli si è trasformato di fatto nell'uomo di Tremonti. E in queste partite il Cavaliere è più facile che ascolti un consiglio del suo sottosegretario che del suo ministro. Draghi insomma ha la pole position. Anche se non piace troppo ad Alleanza nazionale che lo considera in sostanza un uomo troppo coinvolto nella Prima Repubblica. Al punto che tutto sommato gli preferirebbe Tommaso Padoa Schioppa anche se viene considerato «di sinistra». E anche la Lega non fa salti di gioia e preferirebbe Grilli che è più vicino. Al ministro dell'Economia, nel corso della riunione mattutina, viene data una sorta di delega a sentire anzitutto il Quirinale. Dove si recherà assieme a Letta a metà mattinata. Al Colle viene presentata una rosa, ma è chiaro che al Presidente sono tutti nomi che stanno bene: per esempio, sia Draghi che Grilli sono tutto sommato Ciampi boys. E soprattutto il Capo dello Stato, che è anche Governatore onorario della Banca d'Italia, vuole che si decida con l'opposizione. Dal Quirinale arriva quindi un via libera sul metodo di scelta del prossimo inquilino di Palazzo Koch. Tremonti e Letta tornano a Palazzo Chigi, ma il Consiglio dei ministri ad ora di pranzo viene convocato a Montecitorio. E nella riunione di governo si respira la tensione, si evitano nomi e si individua un altro criterio: sentire l'opposizione. Tutti sembrano d'accordo. Fini, che non ha un suo candidato, spera che d'intesa con il centrosinistra possa rientrare in gioco. Tremonti chiam