Risparmio, braccio di ferro nel governo
Ieri è stata un'altra giornata campale per Berlusconi e il ministro dell'Economia Tremonti pressati dall'urgenza di far arrivare subito alla Camera la riforma sulla Banca d'Italia e poter varare la legge per venerdì prossimo. Per l'Istituto di via Nazionale viene realizzata una piccola rivoluzione. I poteri di nomina e revoca del Governatore passano al governo e al Quirinale mentre diventa marginale il ruolo del Consiglio superiore di Bankitalia. Un no del Quirinale è invece arrivato all'ipotesi di una nomina che coinvolgesse anche il Parlamento. La bufera scatenata dalle dimissioni del Governatore Antonio Fazio richiedeva un'iniziativa immediata per dare un chiaro segnale ai mercati. E così è stato con un'operazione avviata sin dal mattino. Berlusconi alle 9,30 ha convocato un vertice a otto prima del Consiglio dei ministri. Attorno al tavolo Tremonti, Letta, Fini, Buttiglione, Calderoli, La Malfa e Caldoro. Obiettivo arrivare in Consiglio dei ministri con una posizione univoca. Se qualcuno ha da dire qualcosa la dica subito o dopo taccia, sarebbe stata la richiesta di Berlusconi ai presenti. E qualcuno da ridire ce l'aveva. Il ministro Buttiglione ha sollevato subito la questione delle norme sul falso in bilancio rivendicando misure più restrittive. Il che voleva dire tornare al giro di vite introdotto dal Senato. Tremonti invece riproponeva la versione originaria approvata in prima lettura dalla Camera. Poi però Buttiglione ha fatto marcia indietro. Anche la Lega ha sfornato una serie di richieste. Calderoli ha puntato piedi sulla durata del mandato del Governatore. «Noi vogliamo sei anni e non cinque. deve essere chiara la piena autonomia dell'Istituto rispetto alla maggioranza del governo» è la condizione che ha posto riuscendo a farla passare. L'ha spuntata anche sulla riduzione da 5 a 3 anni del tempo in cui le banche possono essere proprietarie della Banca d'Italia. Calderoli ha bocciato l'ipotesi di un passaggio delle quote proprietarie dalle banche allo Stato. La Lega si è impuntata anche sul fatto di mantenere la competenza in capo a via Nazionale anche se con il parere dell'Antitrust. Sul falso in bilancio alla fine del vertice ristretto è passata la linea soft: è eliminata la procedibilità d'ufficio e si torna a prevedere l'esclusione della punibilità sotto determinate soglie economiche. I manager e i dirigenti che presentano bilanci e relazioni false con lo scopo di conseguire «un ingiusto profitto», rischieranno fino a 2 anni di carcere (contro i 5 previsti dal Senato). Torna la norma secondo la quale non si va in carcere se le false dichiarazioni non comportano una variazione del risultato economico di esercizio inferiore al 5% o una variazione del patrimonio netto inferiore all'1%. Allo stesso modo non si rischia più il carcere se le voci di bilancio falsificate differiscono dalle voci corrette fino al 10%. Per le false comunicazioni sociali in danno delle società, dei soci o dei creditori le pene scendono alla forbice sei mesi-tre anni. Sempre in mattinata Tremonti è salito al Quirinale con Gianni Letta per un colloquio con il presidente della Repubblica. Ciampi si è detto contrario a sottoporre la nomina del Governatore al parere vincolante di una qualificata maggioranza parlamentare come gli aveva prospettato Tremonti. Questo secondo il presidente avrebbe vincolato troppo il futuro Governatore di Bankitalia a scelte politiche. La soluzione poi adottata rafforza il ruolo del Quirinale. L'intenzione di Berlusconi è di chiudere tutta la partita entro la fine dell'anno. La quadratura del cerchio si raggiungerebbe ponendo la fiducia sul testo del risparmio probabilmente oggi, e trovando con la stessa tempistica un accordo bipartisan sul nuovo Governatore. Sul falso in bilancio si prospettano due voti di fiducia: uno sull'emendamento e uno sull'intero articolo per evitare i voti segreti che dovrebbero essere espressi visto che l'articolo fa riferimento anche a