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«Scelta opportuna ma ingiusta»

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Le dimissioni, però, sono «un atto necessario, doloroso e forse anche ingiusto», ha sottolineato il senatore a vita, Francesco Cossiga, che non ha mai fatto mancare il suo sostegno al governatore in questi ultimi mesi difficili ai vertici di Palazzo Koch. Cossiga, che ieri è intervenuto a un convegno a Roma, ha voluto ricordare di essere «molto amico di Antonio Fazio» con il quale c'è «comunanza di idee». E ha rivelato anche di aver più volte tentato di persuaderlo sull'opportunità di lasciare il suo incarico. «Antonio Fazio è un uomo che ha soltanto la categoria del peccato e quella del non peccato», ha aggiunto Cossiga, che si sente «sicuro nella sua coscienza» e per questo «non ha avuto il senso dell'opportuno». L'ex presidente della Repubblica ha svelato anche il contenuto di alcuni dialoghi privati con il governatore. «Gli ho detto che ritenevo necessario che si dimettesse e lui mi ha risposto spiegandomi i motivi per cui non avrebbe dovuto farlo. Io ho replicato - ha concluso Cossiga - che non era questione di giusto o non giusto, ma di opportuno e non opportuno». Sulla stessa linea anche un altro ex capo di Stato, Oscar Luigi Scalfaro: «Quando ci si difende - ha sottolineato - bisogna comprendere quali cose toccano il tema dell'opportunità». Scalfaro è stato il presidente della Repubblica che nel 1993 ha firmato la nomina di Fazio. «Ho conosciuto Fazio e ne ho avuto motivi di stima - ha detto - firmai ben volentieri anche perché nel comitato c'era unanimità sul suo nome». I fazisti, comunque, restano convinti di una cosa: il governatore ha rispettato le regole e ha gestito in modo corretto le vicende legate alle scalate bancarie all'Antonveneta e alla Bnl. Ma oggi, alla luce degli ultimi eventi, sono anche consapevoli che una sua permanenza in via Nazionale era diventata ormai insostenibile. Insomma, le dimissioni erano nell'aria e i più convinti sostenitori di Fazio, seppur amareggiati, oggi non possono fare altro che condividere la scelta di un uomo che ormai non aveva altra chance, finito nel mirino della magistratura e senza appoggio politico. Trapelano queste sensazioni dalle parole del senatore Ivo Tarolli, responsabile economico dell'Udc, considerato uno dei politici più vicini a Fazio. «Lascia un governatore che ha gestito la trasformazione e il riassetto del sistema bancario italiano - afferma Tarolli - riportandolo ad efficienza e competitività con il sistema europeo. Solo ponendo attenzione a come era il sistema nel 1992 è possibile avere una chiara percezione dell'ammodernamento avvenuto che non è retorica definire storico». L'esponente dell'Udc sottolinea come anche «nella parte finale del suo mandato Fazio ha guidato il sistema in piena fase di transizione. Finita l'era del mercato domestico, quello europeo che lo avrebbe dovuto sostituire, nasceva invece dentro un quadro di debolezza e di questioni non risolte». Tarolli nei giorni scorsi è finito nell'occhio del ciclone insieme ad altri politici, tra cui l'altro fazista convinto, il senatore di Forza Italia Luigi Grillo (che ieri non ha rilasciato dichiarazioni e per tutta la giornata non è stato possibile contattarlo al cellulare). Nell'ordinanza del tribunale di Milano, infatti, c'è scritto che i due politici hanno operato tramite la Bpl di Giampiero Fiorani «in valori mobiliari con rapporti sui quali sono tuttora in corso indagini». I due politici nei giorni scorsi hanno, però, manifestato tranquillità e dichiarato di avere la coscienza a posto. «In questa fase - secondo Tarolli - è venuta a mancare la politica nel suo ruolo di indirizzo e quindi le contraddizioni non risolte dalla politica si sono riversate sulla Banca d'Italia e sul suo governatore». Per quanto riguarda il successore, il senatore dell'Udc avverte: «Prossimamente avremo senz'altro un nuovo autorevole governatore, ma se la politica non saprà riempire con contenuti forti e innovativi qu

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