VIA LIBERA al nome di Gianfranco Fini nel simbolo di Alleanza nazionale alle prossime elezioni.

Infatti, l'esecutivo di Alleanza nazionale, riunitosi ad ora di pranzo, ha chiesto all'unanimità a Fini di inserire il suo nome nel simbolo di An in vista delle prossime elezioni. L'annuncio è stato fatto dal portavoce del partito Andrea Ronchi che ha spiegato: «Fini ha accettato l'invito dell'esecutivo. La decisione sarà ratificata in un'apposita assemblea nazionale che si terrà a gennaio». Nel frattempo i creativi di An lavoreranno ai progetti grafici. «È la prova che crediamo nella possibilità di vincere le elezioni», ha sottolineato il ministro degli Esteri che ha poi tenuto un comizio in piazza Esedra, a Roma, tappa finale del suo Iter Italiae: poche le persone ad ascoltarlo, complice soprattutto una pioggia battente. Lo stesso leader di An ha annunciato che sarà Francesco Storace il capolista di An nelle prossime elezioni per il Senato della Repubblica. Fini ha anche salutato Gianni Alemanno, presente con lui sul palco assieme a tutto lo stato maggiore del partito come candidato di Alleanza nazionale per la poltrona di primo cittadino. Proprio a proposito della corsa al Campidoglio, il vicepremier ha spiegato che «i romani non amano Prodi per il modo irrispettoso di parlare della capitale. Io vivo da 35 anni a Roma - ha aggiunto - una città che bisogna capire e che mi ha dato tante soddisfazioni». Politica interna, ma non solo. Fini, infatti, è anche tornato sul ruolo assunto dal governo italiano nella lunga maratona negoziale conclusasi al tavolo di Bruxelles sul bilancio comunitario. «Stare in Europa - ha detto - significa saper valorizzare il protagonismo del vecchio Continente, ma senza rinunciare all'interesse nazionale». «Abbiamo raggiunto un obiettivo - ha aggiunto il titolare della Farnesina - che Prodi non si sarebbe mai immaginato. Abbiamo raggiunto la doppia vittoria di restituire credibilità all'Europa e di ottenere più risorse per il nostro meridione, dimostrando così che il protagonismo dell'Europa non è in contrasto con la tutela dei legittimi interessi del nostro Sud e della nostra competitività». Ma proprio nello stesso giorno, Pier Ferdinando Casini ingrana una drastica retromarcia. Se nei giorni scorsi aveva già evitato frasi dubbie che potessero suonare come attacchi a Berlusconi, stavolta è ancora più chiaro. Prima spiega: «Follini è stato un grande segretario - dice il presidente della Camera - ha difeso l'autonomia dell'Udc, ma sono certo che Lorenzo Cesa saprà interpretare l'anima del partito». Subito dopo, però, Casini si volge all'ex segretario e a Cesa per quello che sembra essere un chiaro ammonimento e l'indicazione di una linea politica. «Non possiamo pensare che gli alleati siano i nostri nemici. Non possiamo togliere le castagne dal fuoco alla sinistra che ci applaude quando è interessata a farlo. Ma io non voglio gli applausi interessati, così come non mi intimoriscono i fischi interessati. Il nostro avversario politico è Prodi e la sua incapacità di gestire una coalizione che un giorno dice una cosa ed un altro ne dice un'altra». Applaude la platea, mentre Follini resta immobile. Ma a distanza il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, lo prende in giro. A chi gli chiede del famoso tridente della Cdl (Berlusconi, Fini e Casini), risponde secco: «Ma che casini, questa situazione non è accettabile». «Si è parlato - aggiunge Formigoni - di tridente. Speriamo di fare tanti gol. Ho sentito ragionamenti arzigogolati secondo i quali sarebbe leader non chi prende più voti ma chi riesce in un maggior incremento. Bisognerebbe creare un delta per un'equazione di secondo grado».