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«Romano, sei un provinciale»

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Ma a Roma ci sto benissimo, anzi, non abiterei da nessuna altra parte al mondo. Queste sono critiche da vero provinciale. Perché si sa, di Roma tutto si può dire ma non che sia provinciale». È un monumento della romanità culturale, teatrale e televisiva che risponde alla gaffe del leader dell'Unione. Gigi Proietti, 65 anni da romano doc, nato a via Giulia, dietro Campo de' Fiori e cresciuto sulle tavole del palcoscenico della Capitale fino a diventare un maestro indiscusso della scena, è uno che non ha mai dimenticato la sua romanità. Come non ha mai smentito la sua fede di sinistra, d'altra parte: si dichiarò pubblicamente già nel '93 quando Francesco Rutelli affrontava per la prima volta la corsa per il sindaco di Roma; nel '96 scese in campo affermando che il suo maresciallo Rocca (in quel momento all'apice del successo) avrebbe votato l'Ulivo allora guidato da Prodi; l'anno scorso è stato uno dei firmatari di un appello a favore della lista unitaria tanto voluta proprio dal Professore. Ora, il grande Gigi, è vittorioso reduce del debutto teatrale della «Presidentessa» al teatro Brancaccio di Roma, con protagonista un'altra romana doc (pure di sinistra, anzi dalemiana e più ancora fassiniana) come Sabrina Ferilli. E Proietti, che fu fan anche di Rutelli in occasione della sua campagna a sindaco di Roma, non risparmia però, in un momento di pausa, un po' della sua proverbiale ironia per commentare le parole del leader della coalizione di centrosinistra. Prodi ha affermato di non volersi stabilire «manco morto» a Roma, aggiungendo che si sente estraneo alla capitale dei salotti. Insomma, anche se in parte poi ha cercato di rimediare alla gaffe, il suo è un attacco violento e diretto al cuore della Capitale, che ne dice? «Io questi salotti di cui parla Romano - e si chiama pure Romano -, non li conosco. Mi ricordo soltanto quelli di tempo fa, come quello di Briganti o degli altri letterati e pittori che amavano riunirsi Roma, a casa di questo e quello, insieme a noi attori. Erano gli stessi che frequentavano il Caffé Greco e tra loro c'erano anche politici molto colti, come Giulio Andreotti. Si trattava di quei giri di persone, di intellettuali che poi portarono alla creazione del Premio Strega. C'era un fermento di idee e di proposte che adesso sembrano sparite». Che cosa risponde a Prodi? «Beh, io personalmente abiterei solo a Roma e non mi interessa molto dove vuole stabilirsi Prodi... Può darsi che voglia conquistarsi qualche voto padano... Però, con quel nome». Ma perché questo attacco violento verso una città che tra l'altro è sede del governo del Paese, quindi dovrebbe rientrare tra i posti da lui più agognati: non le sembra un controsenso? «A noi romani ce ne dicono di tutti i colori quelli del nord, da "Roma ladrona" in giù, ma forse nemmeno tanto ci interessa. Certo, ci sono dei problemi seri, i soliti, come il traffico e la confusione, ma Roma è una città che non deve far nulla per diventare più attraente di quello che è, perché lo è di per sé, senza sforzo. Non capisco perché Prodi abbia detto una cosa simile, sembra una critica da provinciale, lo ripeto». Il Professore ce l'ha tanto con i questi «salotti», come se Roma fosse tutta lì. «Mah, Roma è una città molto aperta. C'è di tutto. E se i salotti di potere ci sono, non è obbligatorio frequentarli e nemmeno necessario, credo. Anzi, questa è una città dove se uno vuole può pure quasi non esistere. Ci si può anche imboscare, volendo. Ma guardiamo le altre città, soprattutto del nord. Lì quegli stessi salotti di potere sono praticamente inaccessibili da generazioni e la società è chiusa. È difficilissimo venir accettati, mica come da noi». Prodi, con le sue parole, ha fatto infuriare il sindaco Veltroni, che è della sua stessa coalizione. «Certamente, bisognerebbe una volta tanto capovolgere la questione e mettere sul banco degli imputati il nord, guardandolo dal centro-sud...». Lei, al contrario di Prodi, si trova bene nella Roma veltroniana? «Io sto benissimo nella Roma velt

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