«Ma io sono stato frainteso»
E chiedersi chi sono, come mi chiamo. Prodi, certo. Ma il nome? Romano. Romano, avete letto bene. Il candidato premier, signori, è «romano», è scritto anche sulla carta d'identità. Lo sanno anche i romani che alle primarie del centrosinistra tappezzarono la capitale con i manifesti: sono romano e voto romano. Il professore bolognese avrebbe risparmiato la gaffe sull'invivibilità di Roma che, diciamo la verità, da un «Romano» ai romani, non sta bene. Ieri, vedendo la catasta di giornali e intuendo che non sarebbe stata una giornata facile, è dovuto correre ai ripari, accusando i giornali di avere male interpretato le sue parole, di avere travisato i suoi concetti. In particolare ce l'aveva con Il Tempo. In fondo, ingranare la marcia indietro per Prodi è stato un obbligo, altrimenti difficilmente ieri avrebbe potuto dichiarare all'emittente locale bolognese, Radio Tau, che per risanare l'Italia è necessario ricomporre «anche a livello politico alcuni comportamenti etici». E orinare - anche se idealmente - sulla capitale non è proprio un atteggiamento etico. Ed ecco la precisazione, condita con tanto d'atto d'accusa ai mezzi di comunicazione. «L'informazione viene premiata quando fa sensazione. Addirittura sul Tempo - ha precisato - c'è una mia foto nella quale faccio la pipì sul Colosseo. È chiaro che amo i romani, ma ho tenuto le mie radici a Bologna anche per ragioni familiari». E ha aggiunto che le ragioni per le quali non andrebbe a vivere a Roma sono da una parte prese in accordo con la moglie, dall'altra, anche «per non essere assorbito da questa politica massacrante». E si è detto amareggiato: «Alcuni giornali mi attribuiscono infatti parole e pensieri sprezzanti nei confronti di Roma, città per la quale invece, per una consuetudine più che ventennale che ho maturato con essa, nutro affetto e rispetto». In una nota ha precisato che ce l'aveva con i «salotti», che non ama. «Non li amo a Bologna - ha sostenuto - a Milano, a Napoli o a New York, i circoli, i salotti, il loro chiacchiericcio e il loro pettegolezzo; ed è da questi che mi tengo lontano, pur capendo perfettamente che una grande capitale non può esimersi dalla funzione di ospite tollerante nei loro confronti». Se si fosse «ricordato» come fa di nome, Prodi avrebbe soprattutto fatto a meno di doversi affrettare a fare marcia indietro, a spiegarsi, a rettificare, insomma a cimentarsi in quei comportamenti che il centrosinistra relega tra gli «sport» preferiti del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. L'opposizione ha sempre rinfacciato al premier di essere uno dalla smentita facile. Addirittura lo scorso novembre il quotidiano La Repubblica ha dedicato all'argomento un lungo articolo elencando «una ventina di casi, dal 2001 ad oggi, in cui il premier ha fatto importanti affermazioni che poi ha smentito o sono state smentite dagli interessati». Una studentessa di Padova, ci ha fatto perfino una tesi di laurea. È un refrain continuo quello della sinistra che ha sempre accusato Berlusconi di dare la colpa ai giornali se le sue parole vengono fraintese. E ieri è toccato, invece, al loro leader. La retromarcia di Prodi avrà creato un piccolo imbarazzo. Per esempio all'Unità che non ha mai mancato di punzecchiare il Cavaliere di Arcore: scriveva, per esempio, lo scorso novembre un articolista: «È possibile che mentre scrivo stia già arrivando la smentita di Berlusconi». Il quotidiano fondato da Gramsci adesso sarà costretto a dover rivedere qualche articolo di fondo, tipo quello in cui Furio Colombo lo scorso 16 aprile descriveva Berlusconi come l'unico uomo capace di raccontare senza smentita i suoi grandi «successi internazionali». E dovranno rivedere il copione anche due comici di fama come Ficarra e Picone, autori di questa gag: «Hai sentito che ha detto Berlusconi? Noo, domani mi leggo direttamente la smentita». Da ieri, forse basta sostituire il soggetto con Prodi è il successo della battuta è comunque assicurato. Non sarà facile per il quotidiano comunista, Il Manifesto, che ogni volta che