Letizia Moratti conquista la Milano che conta
Annuncia la candidatura e si commuove. Ad applaudirla molti big dell'industria e della cultura
C'erano politici, imprenditori, uomini della cultura e dello spettacolo tra quelli che ieri a Palazzo mezzanotte hanno accolto con una ovazione l'annuncio della sua candidatura. Un lungo battito di mani al quale il ministro ha risposto con una commozione fino alle lacrime. Assiepati sotto ilpalco ci sono da Teo Teocoli a Francesco Alberoni, da Bruno Ermolli a Antonio Intiglietta, da Giampiero Borghini a Stefano Zecchi. E poi Ignazio La Russa, Gabriele Albertini, Roberto Formigoni e Matteo Salvini. E basta scorrere l'elenco dei sostenitori nel Comitato promotore per trovare nomi pesanti. Sergio Tacchini e Marialuisa Trussardi ampliano la cerchia della classe imprenditoriale a lei vicina. Ci sono Claudio Risè, docente, scrittore e psicoanalista di gran fama e una come Fernanda Pivano, depositaria nostrana di tutta la cultura Bit, Hippie e Yippie americana, da sempre idealmente e culturalmente vicina alla sinistra. Ancora: Ugo Finetti, Giorgio Albertazzi, Renato Pozzetto, Carlo Secchi. E alla Moratti guardano anche le piccole e medie imprese come ha confermato Paolo Galassi, presidente di Apimilano e neo presidente di Confapi. «È il candidato sindaco che le piccole e medie imprese si attendevano perchè la sua storia imprenditoriae e il suo percorso istituzionale sono la premessa di una visione politica attenta ala sicurezza e alla qualità della vita e alla valorizzazione del tessuto economico e produttivo della città». Sorride e porta le mani al volto Letizia Moratti, mentre dalla prima all'ultima fila del salone dell'ex Borsa milanese le arrivano un entusiasmo e un'esaltazione non immaginati. Si ricompone, ringrazia le istituzioni presenti e i partiti, a cui dà atto di «compattezza e pazienza per l'attesa», e abbraccia simbolicamente i figli, pure loro decisivi «in questa scelta tutt'altro che facile». Poi enumera - qui sì con l'asciutta chiarezza del buon amministratore - il lavoro che l'aspetta fino alle elezioni. A una «prima fase di ascolto della città», realizzata anche tramite call center e sito internet (3.900 i blog presenti, uno per ogni via di Milano), seguiranno incontri e dibattiti mirati dai cui trarre le linee del programma elettorale. In questi giorni, infine, le 650mila famiglie meneghine si vedranno recapitare la lettera con cui il ministro annuncia il proprio impegno per la città. I passi successivi saranno un'alternanza tra gli impegni da candidato sindaco e quelli di ministro. In apparenza un ostacolo, il mantenimento del ruolo di responsabile del dicastero dell'Istruzione giova, secondo molti, ancora alla stessa Moratti, la cui scelta mostra «una serietà verso il lavoro sin qui svolto e in parte completare» che certamente garantirà alla guida di Palazzo Marino. Non si dimetterà perchè dice che intende completare la riforma scolastica. La Milano di Letizia Moratti, se diventerà sindaco, dovrà essere più bella, più sicura e più amica. «Milano - ha detto - deve rinnovare il suo splendore. Una città pulita, ordinata, elegante che diventa meta dei giovani e dei talenti di tutto il mondo, votata alla propria piena internazionalizzazione, che integri pianificazione del territorio, architettura, arredo urbano. Che offra più strutture per lo sport e più ampi spazi di verde e che realizzi un forte investimento nella cultura come sistema di eccellenze teatrali, museali, musicali e artistiche». La sua città dovrà coniugare il benessere con la solidarietà. «Per farlo - ha detto - c'è bisogno che il rispetto della legalità si saldi a una sincera solidarietà verso anziani, disabili, giovani disadattati, immigrati». Perchè - ha spiegato - la protezione sociale esiste quando si estirpa la criminalità che spesso rende pericoloso viaggiare di notte sui mezzi pubblici e che impedisce oggi a donne e bambini di usare senza rischi spazi e strutture per il tempo libero, ma significa anche riconoscere a tutti il diritto all'istruzione, alla casa, al lavoro«. Tra i punti del suo programma anche quello dell'integrazione: «Milano non più città delle differenze