Lanciò la questione morale attaccando i Ds
L'analisi è di un deputato Ds, ma nei corridoi di Montecitorio sono in molti a condividerla. Tanto che qualcuno parla di Arturo Parisi come «dell'uomo dei consigli sbagliati». Dopotutto quello tra il Professore e il suo più fidato consigliere è un rapporto vecchio di anni. I due si conoscono addirittura dal 1969. Prima la comune militanza nella Democrazia Cristiana, poi la carica di consigliere politico alla nascita dell'Ulivo. «Difficile tagliare la testa di Parisi senza tagliare la mia», parole di Romano Prodi, parole pronunciate lo scorso 27 novembre. Così quando ieri Arturo Parisi, commentando la vicenda Antonveneta, ha nuovamente riproposto il tema della «questione morale», nella mente dei Ds sono ricomparsi gli spettri della scorsa estate. Allora il consigliere del Professore attaccò senza mezzi termini la Quercia condannando le modalità attraverso cui i Ds avevano ottenuto la presidenza della Rai e si erano mossi nella vicenda Bnl-Unipol. Peccato che, fino a quel momento, Fassino e i suoi, si erano dimostrati l'alleato più fedele del Professore rinunciando addirittura ai «legittimi poteri» che spettavano al primo partito della coalizione. Il Professore, totalmente incurante di questo «piccolo» particolare, «schiacciò» la palla alzatagli dal suo fido consigliere e rincarò la dose: «Ognuno fa i giochi che vuol fare, ma per favore, quando si fanno questi giochi, ho il sospetto che si voglia sfuggire al problema che un Paese non può diventare un grande Paese se non parte da una politica profondamente etica. Il che vuol dire onestà personale, ma anche distribuire il peso in modo equo tra i cittadini». Fassino e i suoi non gradirono affatto l'affondo, ma poi il «tempo fu galantuomo» (Fassino) e tutto passò. Stavolta, invece, Prodi non parla di questione morale (si è limitato a rilevare «il problema di Bankitalia») e questo sembra accreditare la versione secondo cui le parole pronunciate ieri da Parisi, altro non siano che la riproduzione fedele del pensiero del Professore. Dopotutto un po' tutti condividono l'equazione secondo cui Parisi non parla se non autorizzato da Prodi. Mentre sembra un po' meno vero l'inverso. Nella Margherita, ad esempio, nessuno crede che dietro le recenti dichiarazioni del Professore rivolte al Capo dello Stato ci sia lo zampino di Parisi. «Credo - spiega un deputato Dl - che si tratti piuttosto di uno sfogo personale di Prodi che si è trovato spiazzato dalla riforma della legge elettorale. Col maggioritario, infatti, avremmo vinto a man bassa con molti seggi di scarto. Con questo sistema, invece, sarà molto difficile governare. Prodi ha sfogato così il suo risentimento». Comunque, al di là delle interpretazioni, è inutile negare il peso che Parisi ha nei confronti del Professore. Al punto che Prodi lo «utilizza» ogni volta che deve inviare un messaggio ai suoi alleati. Bisogna incalzare Rutelli sul tema della lista unitaria della Fed? Bisogna chiudere la porta in faccia ai Radicali? Bisogna richiamare Fassino e i Ds? Bisogna sollevare la questione morale? Ecco apparire dall'ombra Arturo Parisi. E Prodi? Il Professore si divide fra il complice silenzio e le dichiarazioni ufficiali, ma mai in contrasto con Parisi. Peccato che il più delle volte le uscite di Parisi sollevino veri e propri polveroni. Al punto che Renzo Lusetti, lo scorso 9 ottobre, di fronte all'ennesimo affondo sulla lista unitaria dell'Ulivo, aveva commentato: «Parisi sta facendo del male a Prodi». Guardando a ciò che sta accadendo in questi giorni, non sembra affatto intenzionato a smettere.