Assalto a Cuffaro, spunta un pentito
Si avvicina il voto e si moltiplicano le azioni dei magistrati. Il governatore nel mirino
Ancora una volta, epicentro del sisma il governatore della Sicilia, Salvatore Cuffaro, colpito da una raffica di dichiarazioni fatte da un pentito ai magistrati di Palermo. Affermazioni che parlano di mafia e politica, talpe e tangenti e che sono state depositate nell'appello della Procura avverso il proscioglimento dello stesso presidente della Regione Siciliana per rivelazione di segreto d'ufficio. Dunque, si fa sempre più incandescente il clima giudiziario nell'Isola. Ma soprattutto politico, se si pensa che questo scenario viene fuori in piena campagna elettorale per la successione allo stesso Cuffaro. Di certo l'aria che avvolgerà la Sicilia nelle prossime settimane sarà più che pesante. Almeno politicamente parlando. Già, alcune settimane fa, nel corso delle primarie del centrosinistra in Sicilia, i toni non erano certo sereni. Lo scontro tra Cuffaro e Rita Borsellino più che politico è apparso sul fronte giudiziario: mafia-antimafia. Ancor prima delle primarie, a Palermo, era calato un altro siparietto: nel corso della presentazione del libro «La mafia è bianca» con Michele Santoro, era stata registrata la presenza di magistrati della Procura di Palermo. «Spero non si consideri normale la presenza di magistrati a manifestazioni politiche, soprattutto se queste manifestazioni servono a presentare un libro contro un politico», aveva dichiarato allora lo stesso governatore. Per non parlare del colpo indiretto subito ancora da Cuffaro qualche mese fa con l'arresto (il 15 novembre scorso) di un suo ex assessore, Davide Costa, esponente anch'egli dell'Udc, reo di alcune dichiarazioni che i magistrati avrebbero rilevato nel corso di un'intercettazione telefonica. Insomma, siamo in piena campagna elettorale. E più che avviata, in sostanza, la corsa ad occupare la poltrona di presidente della Regione. Non è tanto salubre l'aria, come detto. E ciò non esclude che lo stesso Cuffaro abbandoni la corsa.Ma torniamo al pentito. Si tratta di Francesco Campanella, l'uomo che fornì a Bernardo Provenzano la carta d'identità falsa e che dice di essersi convinto a collaborare con la giustizia dopo la morte Papa Giovanni Paolo II, affermando che «in me c'è una crescita interiore, relativamente a un rapporto anche con Dio». Immediata la replica del governatore Cuffaro: «Ho avuto modo di leggere alcune parti del fiume di dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Francesco Campanella, depositate al mio processo. Dal poco che ho letto - afferma il governatore della Sicilia - credo che ci troviamo di fronte alle farneticazioni più assolute che vanno da una presunta tangente di 5 miliardi (e qua mi sorge un dubbio, ma erano 5 miliardi di euro?); ad una mia presunta trattativa per fare diventare Clemente Mastella presidente della Camera; alle tante altre pesanti dichiarazioni che, stavolta in maniera assolutamente bipartisan colpiscono anche esponenti della sinistra (Giuseppe Lumia Ds, ndr). Di fronte a tutto ciò che dire? - conclude Cuffaro - Se l'ambito e l'argomento trattato non fossero così seri e delicati non saprei se ridere o piangere dato che le dichiarazioni di Campanella sono talmente grottesche da essere quasi ridicole».