Niente fondi a Occhetto, tutto a Di Pietro
La Camera ha respinto la loro richiesta di accedere al finanziamento pubblico ai partiti. I fondi li prenderà tutti Antonio Di Pietro. Finisce così la querelle che ha visto contrapposti l'ex segretario del Pds (assieme al giornalista della sinistra radicale) contro l'ex pm di Mani Pulite. E il tutto per una vicenda di soldi, di finanziamento al partito, la cui violazione fu proprio alla base delle tante inchieste condotte all'epoca di tangentopoli. Che cosa è successo ora? Tutto comincia con le elezioni Europee del 2004, quando Di Pietro e Occhetto siglano un'intesa elettorale. Il movimento dell'ex leader della sinistra, il «Gruppo del Cantiere», confluisce nell'Italia dei Valori dipietrista e assieme si presentano nelle urne. E assieme eleggono due eurodeputati: Di Pietro appunto, e Giuletto Chiesa, ex corrispondente dell'Unità e della Stampa da Mosca. Il sodalizio dura poco e si arriva alla rottura nella primavera scorsa. Quindi Occhetto e Chiesa decidono di presentare il 5 luglio scorso un'istanza alla Camera con la quale si chiede «l'attribuzione diretta all'associazione Gruppo del Cantiere di una quota pari a non meno del 50% della seconda rata del rimborso delle spese elettorali» attribuito alla Lista Di Pietro. Insomma di avere la metà dei soldi che spettano all'ex pm. Il caso finisce sul tavolo di Casini, l'ufficio di presidenza discute della vicenda e decide di respingere la richiesta. Nelle motivazioni, Giovanni Deodato (Forza Italia) spiega che anzitutto l'istanza non può essere accolta perché «nel piano di ripartizione a suo tempo approvato il rimborso è stato attribuito al movimento Italia dei Valori-Lista Di Pietro sulla base dei dati forniti dall'ufficio elettorale presso la Corte di Cassazione». Inoltre, spiega Deodato «la documentazione per la riscossione dei rimborsi elettorali era stata sottoscritta dai rappresentati dello stesso movimento politico». E infine «il termine per la proposizione delle istanze avverso il piano di ripartizione approvato dall'ufficio di presidenza è scaduto il 7 ottobre 2004». Insomma, l'esponente di Forza Italia evidenzia come la Lista Di Pietro si è presentata come tale alle elezioni, e non come aggregazione con Occhetto e Chiesa: dunque, questi non possono accampare alcun diritto a quei soldi. In soccorso dell'ex segretario del Pds scende in campo il segretario della Camera, Teodoro Buontempo (An), il quale non ritiene «sia coerente con lo spirito della normativa escludere dal rimborso un eletto al Parlamento europeo come Chiesa». Ma l'ufficio di presidenza della Camera gli dà torto: le carte dicono il contrario. E i due esponenti della sinistra radicale restano fuori dal finanzimento. Tutto il malloppo (legale, s'intende) va a Di Pietro. F. D. O.