E su Bettino Fassino ora ci ripensa
«Non ho nessun dubbio che Bettino Craxi sia stato innovatore, riformista e modernizzatore» ha detto ieri Fassino durante la presentazione del libro La politica economica italiana degli anni '80 di Gennaro Acquaviva, che analizza la fase in cui il leader socialista fu protagonista principale della politica italiana. Il segretario Ds ha ribadito il suo giudizio positivo su Craxi come il politico che «per primo intuì l'esigenza di modernizzare» il paese ma, immediatamente dopo, punta l'indice su quello che, a suo avviso, fu l'errore del segretario socialista. Secondo Fassino Craxi «adottò un riformismo dall'alto, senza consenso». Fu vittima di una «illusione di titanismo superiore alle sue energie e al contesto politico che nulla toglie al coraggio delle scelte praticate». «È difficile - ha sostenuto Fassino - governare se non si costruisce il consenso, perchè il riformismo dall'alto rischia di essere destinato alla sconfitta. Un riformismo che senza il consenso ha difficoltà ad essere riconosciuto e praticato». Insomma sembra già lontanissimo il 5 febbraio di quest'anno quando, dal palco del Palalottomatica di Roma, il segretario della Quercia inserì Craxi tra i padri del socialismo riformista assieme a Turati, Saragat e Nenni. Parole che crearono non poche polemiche all'interno del partito. Allora il segretario Ds si difese con una lettera aperta a Repubblica in cui giustificava la propria scelta. «A questa storia, da cui veniamo - scriveva Fassino - dobbiamo saper guardare senza essere prigionieri, così come ciascuno di noi onora il padre e la madre senza rinunciare alla propria distinta identità e al proprio autonomo percorso di vita». Oggi la clamorosa inversione. Il segretario socialista, quel padre nobile che fu «personalità importante del socialismo italiano» torna nel cassetto con i suoi errori e quel suo «riformismo dall'alto» che è inevitabilmente destinato alla sconfitta.