Prodi chiama a raccolta l'Italia dell'inciucio
Al programma del Professore hanno collaborato banchieri, membri delle Authority, toghe rosse e lobbisti
Nella Fabbrica del Programma di Romano Prodi, in questi mesi, s'è visto un po' di tutto, trombati e riciclati, aspiranti ed epurati: uno spaccato fedele dell'Italia che inciucia contro Berlusconi, magari dopo averlo spremuto un po'. Ma in definitiva, con la chiusura della Fabbrica annunciata qualche giorno fa dal Professore, di punti programmatici realmente spendibili nel confronto con l'ala sinistra dell'Unione se ne sono visti davvero pochi. In compenso, però, la passerella è servita a farsi un'idea di come si comporta il vero cavallo di razza dell'imbucamento politico in prossimità di un appuntamento elettorale. Le tesi date alla luce dalla Fabbrica del programma sono aperte dal tema delle riforme istituzionali con una commissione orchestrata da una figura di indubbia autorevolezza, l'ex presidente della Corte Costituzionale Leopoldo Elia. Tra i costituzionalisti chiamati a discutere di assetti istituzionali c'è spazio anche per Giuseppe Busia, un dirigente del Servizio Studi e Documentazioni del Garante per la Privacy, evidentemente per nulla preoccupato di confondere il proprio ruolo di garante collettivo con quello di opinionista personale di Prodi. Anche perché, qualche capitolo più in giù, a fargli compagnia tra i tecnici prodiani c'è addirittura il presidente dell'Authority per la Privacy, Franco Pizzetti, impegnato sui temi della giustizia tra i cervelloni ulivisti. E proprio sui temi della legalità si realizza in Fabbrica un curioso intreccio tra politica, banche, università e lobby finanziarie. A presiedere i lavori, in questi ultimi mesi, è stato Gregorio Gitti, giurista, editorialista del Corriere della Sera, sposato con Francesca Bazoli, rampolla del presidente di Banca Intesa e azionista di Rcs. Tra i banchieri prodiani non manca Marco Morganti, dirigente di Banca Intesa (dell'ulivista Giovanni Bazoli) e Paola Pierri, direttore generale Ubm del gruppo Unicredit dell'altro banchiere filo-prodiano Alessandro Profumo. Ma che c'entrano loro con la giustizia? si sarà forse chiesto Giorgio Costantini, esponente di Magistratura Democratica, la corrente rossa delle toghe. Interessante anche il capitolo sulla politica estera, dove nelle tesi non si parla neppure per un istante dell'Iraq e di un possibile ritiro delle truppe. La sessione dei lavori è stata presieduta in questi mesi dall'ex ambasciatore italiano a Washington, Ferdinando Salleo, riconfermato da Berlusconi nel primo periodo di governo ed ora finito nel pensatoio di Prodi. Ma tra gli esperti di politica estera alla corte dell'Unione si segnala anche un altro dirigente di un'Authority, Filippo di Robilant, direttore del Servizio relazioni comunitarie e internazionali dell'Agcom nel periodo di presidenza di Enzo Cheli. Altro consulente poco super partes è Roberto Santaniello, fedelissimo di Prodi, che lo ha nominato direttore della Rappresentanza di Milano dell'Unione europea. Peraltro, tra i finanziatori indiretti dei tecnici ulivisti c'è perfino la Farnesina, nella figura di Cesare Merlini, direttore dell'Iai, beneficiario di fondi del ministero assegnati al suo Istituto per gli affari internazionali. Un ex-presidente della Consob, Luigi Spaventa, va a rinvigorire la schiera di esponenti delle authority al servizio di Prodi, così come Pippo Ranci, ex presidente dell'organismo di controllo sull'Energia. Non a caso, tra le tesi approvate in Fabbrica sulle politiche industriali, c'è un passaggio dedicato proprio all'indipendenza all'Autorità per l'Energia dove si rievocano le «sottrazioni di poteri operate negli ultimi cinque anni da questo Governo». In questa sezione dedicata all'Industria, poi, è presente anche uno dei tanti tecnici di Nomisma, Piera Magnatti, ma anche un dirigente di Via Nazionale, Sandro Trento, che dirige la Divisione Analisi e Studi sul Sistema del Servizio Concorrenza, N