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Una stategia che mira ad avere più tempo per raccogliere voti

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Sono i due temi che sono emersi ieri dalla riunione della direzione dell'Udc, alla quale ha partecipato anche Pier Ferdinando Casini. Ma è stata specialmente la prima proposta ad accendere il dibattito nella Cdl. La notizia della decisione di proporre al vertice della Cdl convocato per domani l'ipotesi dell'election day — l'accorpamento delle elezioni politiche con le amministrative — è stata data dal ministro Mario Baccini in una pausa dei lavori. Da Lorenzo Cesa invece è arrivata la proposta di inserire nel simbolo per le prossime elezioni la scritta «Per Casini». «Stiamo consultando i guru della comunicazione e vediamo se funziona», ha spiegato il segretario uscendo dalla direzione. Ma è soprattutto la proposta di unificare le prossime elezioni politiche con il primo turno delle amministrative a far capire che l'Udc sta studiando nuove strategie. Non è difficile scorgere nel piano dei centristi l'intenzione di far slittare la scadenza delle politiche — attualmente fissata al 9 aprile — a una data più avanzata (un rinvio che renderebbe l'election day obbligatorio, mentre fino al 15 aprile servirebbe una legge ad hoc come quella all'esame di Montecitorio per unificare politiche e amministrative). Lo spostamento della data per le politiche consentirebbe infatti all'Udc di segnare un doppio punto a proprio favore. Da un lato, la legislatura in corso si allungherebbe (una delle obiezioni mosse dall'opposizione alla richiesta di indagine conoscitiva sull'applicazione della legge 194 sostenuta con forza dai centristi poggia sulla mancanza di tempo a disposizione di qui allo scioglimento delle Camere — riserva destinata a perdere efficacia in casa di rinvio delle elezioni) e, con essa, la lunga campagna elettorale «a tre punte» che potrebbe premiare gli sforzi di Pier Ferdinando Casini per favorire la visibilità propria e del partito di cui è icona. Per un altro verso, candidati come Baccini potrebbero garantire un forte traino all'Udc trasformando in dote nazionale il consenso di cui godono a livello locale. Un consenso depotenziato dalla legge elettorale in discussione al Senato, nella quale non è previsto il sistema delle preferenze. Contro l'esclusione delle preferenze dal sistema che dovrebbe rimpiazzare il Mattarellum, l'Udc si è vigorosamente battuta, finendo però per arrendersi all'inclinazione degli alleati di coalizione: qualora si giungesse ad accorpare le elezioni politiche con le comunali di Roma, Milano e Napoli (solo per fare qualche esempio), il fattore preferenza tornerebbe a svolgere un ruolo, premiando — con dimensioni difficilmente preventivabili — partiti come l'Udc, che hanno già dimostrato di saperlo sfruttare al meglio. Si tratta però di capire come le altre forze del centrodestra reagiranno a un'ipotesi fin qui rifiutata anche a seguito dell'auspicio espresso del Quirinale in favore di un'anticipazione delle elezioni politiche tale da consentire un rapido insediamento del prossimo esecutivo, cui spetteranno subito importanti adempimenti — a cominciare dal Dpef. Inoltre, era fin qui prevalsa l'idea che la campagna per un voto rilevante ma pur sempre amministrativo non potesse sovrapporsi a quella per la scelta della coalizione che dovrà governare nella prossima legislatura. Resistenze che gli alfieri dell'Udc (ai quali Fabrizio Cicchitto ha già risposto con un «no secco») proveranno a sgretolare nel vertice di mercoledì.

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