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«La commissione serve per vedere cosa nascondono quei numeri

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Occorrono interventi, ma non generici»

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D'accordo Presidente, ma perchè fare un'indagine conoscitiva quando già esiste una relazione sullo stato di attuazione della 194? «Semplicemente perché quelli contenuti nella relazione sono dati generici, di puro carattere quantitativo su cui molto ci sarebbe da dire». Però, secondo quei dati, il numero di aborti in Italia negli ultimi 20 anni è diminuito drasticamente? «Non è del tutto vero. Non basta parlare del numero generale di aborti. Occorrerebbe guardare al rapporto di abortività cioè a quanti aborti vengono effettuati rispetto ai nati vivi. Non è uguale se nascono 5 milioni di bambini e ci sono un milione di aborti o ne nascono 3 milioni e ci sono un milione e mezzo di aborti, la percentuale è notevolmente differente». Un altro dato che emerge dall'ultima relazione presentata è che sono notevolmente cresciute le interruzioni di gravidanza da parte di donne extracomunitarie. «Anche qui la relazione non ci dice perché queste donne ricorrono all'aborto. È presumibile che lo facciano per ragioni economiche, ma non ne siamo certi». Quindi, prima di pensare ad interventi per risolvere questa piaga, meglio un'indagine conoscitiva? «Esattamente. Dobbiamo andare a vedere cosa c'è dietro ai dati quantitativi contenuti nella relazione per evitare che i nostri interventi siano troppo generalizzati. Per questo molto dipende da come si imposteranno i lavori della commissione». E, secondo lei, come dovrebbero essere impostati? «Se, come si è augurato il Presidente Casini, la commissione non sarà un'occasione di scontro, ma di confronto serio, allora credo ci saranno dei risultati. Ho solo dei dubbi sulla data fissata per la fine dei lavori. Il 31 gennaio è una scadenza che costringerà i commissari ad un vero e proprio tour de force, ma ci sono dei precedenti. La commissione sullo scandalo Parmalat concluse i suoi lavori in soli 2 mesi». N. I.

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