De Benedetti
Dalle pagine del Corriere della Sera ieri Carlo De Benedetti (l'Ingegnere) è tornato a colpire quello che, da un po' di giorni, è il suo bersaglio preferito: il professore Romano Prodi. «Spero che Prodi si occuperà più di governare che di organizzare la politica - è stato uno dei passagi centrali dell'intervista rilasciata da De Benedetti al quotidiano di via Solferino -. Deve comportarsi da amministratore straordinario di un Paese in difficoltà». Insomma, secondo l'Ingegnere, il leader dell'Unione ha vita breve e presto dovrà mettersi da parte per lasciare spazio ai giovani, cioè a quel ticket Veltroni-Rutelli che De Benedetti aveva già incensato alcuni giorni fa. Secondo De Benedetti occorre «darsi una missione perché non bastano le riforme vere, un grande Paese deve avere una visione del proprio futuro, ma ci vorranno tempi lunghi non compatibili con chi appartiene alla mia generazione». Una visione che passa attraverso la costituzione del Partito Democratico che «O nasce durante la prossima legislatura, oppure non nasce più». Secondo L'Ingegnere comunque, Prodi non ha ancora esaurito la sua funzione. «La prima cosa che dovrebbe fare Prodi da presidente del Consiglio è raccontare la verità al Paese. Non una comunicazione propagandistica del tipo "il buco che ci ha lasciato la destra", ma da padre che dice ai figli come stanno le cose. La situazione è drammatica e le cause vengono da lontano. Berlusconi è stato certamente un catalizzatore della velocità del declino, ma se la Fiat ha dei problemi non è colpa del premier e se il debito è al 110% non è solo a causa sua. Poi lui di errori ne ha fatti mille, dai condoni a una riforma delle pensioni inadeguata fino a un provvedimento sul Tfr a futura memoria. Il fatto è che le vere riforme costano, anche in termini di consenso». E dopo? Dopo arriveranno i soliti noti: Veltroni ( «perchè è giovane, intelligente e moderno. È stato segretario dei Ds, direttore dell'Unità ed è un ottimo sindaco. E ha mostrato qualità politiche anche prendendo come suo riferimento, in epoca non sospetta, la figura di Kennedy» e Rutelli («nel 2001 venne scelto come leader perchè si pensava che l'Ulivo avrebbe perso, ma molti non ricordano che ha preso più voti di Prodi nel '96»). De Benedetti insomma non ha dubbi: «Rutelli e Veltroni sono dei cinquantenni e alla loro generazione tocca il compito di ridare al Paese il senso di una missione».