«Val di Susa, occhio agli infiltrati»
Soprattutto quelle politiche che, paradossalmente, si agitano più dei valligiani. Dentro l'Unione si continua a discutere per riordinare le fila e trovare una linea congiunta. Tuttavia, Prodi continua imperterrito nel suo silenzio, mentre gli ambientalisti sembrano anime in pena. L'altro giorno alcuni di loro si sono distinti scrivendo una lettera di solidarietà alla presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, contro le minacce ricevute. Tra i firmatari Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente in forza alla Margherita. Realacci, perché Prodi non prende posizione sulla Val di Susa? «Non ha bisogno di farlo adesso. L'ha fatto a suo tempo». Beh, forse sarebbe opportuno ribadirlo visto che le polemiche infuriano. Lui è favorevole? «Certo. A suo tempo è stato tra gli artefici». Eppure nel centrosinistra ci sono posizioni divergenti? «C'è qualche attrito, ma sostanzialmente sulla Tav il centro gravitazionale della coalizione è perfettamente allineato. Ds e Margherita, che lo rappresentano per i tre quarti, hanno già dato garanzie sulla linea da seguire. Tuttavia, come di consueto tutte le voci verranno ascoltate». Quali errori sono stati commessi in Val di Susa per scatenare un simile putiferio? «Le procedure accelerate della legge obiettivo hanno creato il mostro: come spesso accade la gatta frettolosa fa i gattini ciechi». Cosa è necessario fare per riportare la questioni sui binari corretti? «Premesso che ci troviamo di fronte a un'opera importante. Strategica. Il corridoio 5 è essenziale per il nostro futuro: l'Italia non può restare tagliata fuori dai traffici. Tuttavia va anche detto che ci sono tre questioni importanti da risolvere: 1) la scelta strategica va valutata bene dal punto di vista del trasporto; 2)l'impatto ambientale, i pericoli dovuti all'amianto e al materiale radioattivo. Fattori che vanno analizzati senza fretta, quindi sarebbe opportuno allungare un po' i tempi nella fase di valutazione, comprese anche le tecniche di scavo per neutralizzare eventuali rischi; 3) Individuare la giusta contropartita per gli abitanti della valle. Per loro è un problema enorme. Un'opera del genere modifica scenario e abitudini. Per esempio ripristinare alcune linee ferroviarie che portavano i pendolari della valle a Torino. E poi ridurre il passaggio dei tir per garantire una certa sicurezza ai residenti». Ci sarà anche una contropartita economica? «Riportare tutto a un problema di monetizzazione mi sembra un po' riduttivo. Tuttavia non lo escludo perché quando si realizzano grandi opere si parla anche di risarcimenti. A mio giudizio per salvaguardare residenti e territorio è necessario rinunciare al nuovo traforo stradale sul Frejus. Se si scelgono i treni bisogna almeno eliminare i tir dalla zona». Ma allora anche lei è contrario alle grandi opere? «Qui è necessario fare un po' d'ordine: non si possono realizzare tutti i 300 progetti di cui si è parlato. Le risorse sono limitate. Diventa fondamentale una cernita. Dare la priorità solamente ai progetti più importanti. Già siamo alle prese con le difficoltà dell'Anas che non riesce nemmeno a pagare le ditte che oggi stanno lavorando». Un'ultima domanda: non si ha paura che la protesta della Val di Susa degeneri come è accaduto per le periferie parigine? «Mi auguro proprio di no. Gli amministratori del posto sono seri e responsabili. Anche quelli della comunità montana, quindi c'è da augurarsi che non si commettano errori gravi. Siccome sono persone intelligenti e dalla tradizione democratica ben radicata debbono vigilare attentamente che tra i protestanti non ci siano infiltrati con lo scopo di destabilizzare la contesa e trasformarla in una polveriera. Se bruciassero le ruspe i cittadini della valle passerebbero dalla ragione al torto. Tuttavia c'è da registare come sul versante francese non ci sia nessun tipo di problema: evidentemente hanno fatto le cose nella maniera giusta».