Cossutta lotta
Ma per la figlia
Il vecchio leader comunista qualche giorno fa aveva detto «il comunismo non c'è più» e per fare la lista con i Verdi si può fare a meno anche della falce e martello. Da allora tutti o quasi nel partito si sono messi contro di lui (a partire dal segretario Diliberto e dall'europarlamentare Marco Rizzo). Tutti si sono appellati a irrinunciabili questioni di principio e identità. Però alla resa dei conti il problema che arrovellava ieri la quarantina di convocati in una sala dell'Hotel Palatino a Roma era sostanzialmente un altro: la lotta per il controllo del partito. Certo, i toni e le dichiarazioni scimmiottano quelli di un processo stalinista contro chi non ha rispettato l'ortodossia comunista, però, a ben guardare, si capisce che la posta in gioco è un'altra. Molto più banalmente, ma più concretamente, la composizione delle liste alle prossime elezioni (con o senza Verdi), chi comanda nel partito e in fondo la voglia di un ricambio generazionale. E infatti sulla questione che aveva innescato la polemica tutti sembrano stare dalla stessa parte. «Chi l'ha mai detto, chi l'hai mai pensato che non vogliamo più la falce e martello?» dice arrivando alla riunione Cossutta. Rizzo non ha dubbi: «Il comunismo è una grande idea, non può tramontare». L'ex ministro Katia Bellillo è convinta: «C'è sempre bisogno di uguaglianza e giustizia. Quindi di comunismo». Insomma, il nodo appare chiaro. La discussione è animata, è in atto un rito di passaggio. I giovani che vogliono far fuori i vecchi. E i vecchi che vogliono difendere i loro cuccioli. Perché se come ha detto ieri l'ex ministro e dirigente del Pdci (oggi tornato dai socialisti, con lo Sdi) Nerio Nesi: «Rizzo non è Trockij», Cossutta non sembra neppure Lenin che si prepara alla rivoluzione. Piuttosto una specie di Kim il Sung che cerca di garantire il potere alla discendenza. Visto che una delle questioni che hanno aperto lo scontro è la possibile esclusione della figlia Maura Cossutta dalle prossime liste per le politiche (esclusione motivata dal fatto che lo statuto del partito non prevede la possibilità di ricandidarsi dopo aver fatto tre legislature). In realtà il caso è lo stesso per Rizzo, ma difficilmente l'europarlamentare rinuncerà a candidarsi alle prossime elezioni politiche. E poi anche sulla questione del comunismo sembra ci sia molto più realismo politico che nostalgia. Infatti Diliberto non vuole abbandonare il simbolo perché pensa al marketing prima di tutto. Cossutta ci può rinunciare perché da comunista vecchio stile non pensa tanto a quanto è forte la falce e martello per catturare voti, ma alla strategia politica. La maggioranza nel partito è con il segretario e il documento finale che esce dalla direzione lo ribadisce. Diliberto dovrà guidarli al superamento del 2%. La possibilità della lista con i Verdi infatti a questo punto sembra tramontata. «E non per colpa nostra» dice Diliberto. In effetti l'ipotesi di lista unitaria era nata quando ancora non si sapeva se la nuova legge elettorale avrebbe previsto uno sbarramento più alto. Poi si è capito che sarebbe stato solo il 2% e allora hanno prevalso le divisioni. Del resto in tante realtà Verdi e Comunisti italiani sono molto distanti. Soprattutto nel centro Italia dove lo scontro è fortissimo tra cacciatori e ambientalisti. E allora non ci sono alternative: si corre da soli. La Belillo è tranquilla: «I risultati alle regionali sono incoraggianti senza troppo spazio su giornali e tv abbiamo preso il 2,8% perché siamo un partito radicato». Vedremo come andrà finire. Sicuramente almeno alla Camera i Comunisti italiani se la rischieranno da soli (al Senato c'è ancora la possibilità di andare tutti insieme nella lista dell'Unione). Con falce martello e partito comunista per riuscire a raggiungere l'agognato 2%. Per raggiungere l'obiettivo si cercherà di presentare liste ricche piene