Economist, scoppia il caso Sviluppo Italia
Un bel colpo non c'è che dire». Quando il ministro delle Attività Produttive Claudio Scajola viene a saperlo si mette a ridere di gusto. «Un commento? Ecco la mia risata, è il miglior commento». A suscitare tanta ilarità è l'operazione messa a segno da Sviluppo Italia che per circa 45.000 euro ha comprato un'intera pagina del supplemento dell'Economist per farsi pubblicità. Un'intera pagina nell'ultimo numero del prestigioso periodico londinese che tratteggia un'immagine negativa dell'Italia descritta come un Paese in declino, con un'economia in affanno. Dal momento che l'Economist si rivolge alla comunità finanziaria internazionale e rappresenta una sorta di faro per coloro che vogliono investire in mercati esteri, il messaggio che emerge tra le righe del supplemento londinese è di stare alla larga dall'Italia, Paese poco affidabile, economicamente fragile e con scarse prospettive. In questo contesto Sviluppo Italia ha voluto lanciare il suo messaggio. L'agenzia governativa «ha come missione di promuovere, accelerare e diffondere lo sviluppo produttivo e imprenditoriale nel Paese. Si pone inoltre come punto di raccordo tra la dimensione locale, nazionale e europea per individuare, attrarre e gestire le risorse secondo una prospettiva di sviluppo economico di ampio respiro» come si legge nel sito ufficiale. Sviluppo Italia si rivolge anche al mercato estero e la sua azione è volta ad attrarre investimenti convincendo gli operatori esteri che puntare sull'Italia è vantaggioso. Non a caso il logo della sua campagna è un esortativo «Invest in Italy». Tutto il contrario però di quanto prospetta l'Economist. In sostanza Sviluppo Italia ha fatto pubblicità della sua attività rivolgendosi agli investitori esteri mentre nelle altre pagine l'Economist gettava fango sull'Italia dicendo chiaramente: attenzione operatori finanziari è meglio tenersi alla larga da quel Paese. Ma in via Calabria, sede di SI, sapevano che stavano per fare un investimento poco vantaggioso? L'amministratore delegato Ferruccio Ferranti si chiude nel silenzio. Il presidente Stefano Gaggioli fa sapere che da oggi aprirà una sorta di inchiesta interna per accertare eventuali responsabilità. «Verificherò il caso e valuteremo - spiega Gaggioli - Ma in generale, a proposito del servizio sull'Italia, voglio dire che il nostro Paese è come una pianta. Per risanarla non basta qualche giorno o qualche anno. La strada che abbiamo intrapreso è lunga e prevede un lavoro profondo». All'interno di Sviluppo Italia fanno intendere che non verrà aperta un'azione volta al risarcimento danni ma verranno presi contatti con i canali commerciali dell'Economist per fare in modo che la prossima volta siano più generosi. Comunque sia, non si possono rompere i legami con una testata finanziaria così letta. Ma quanto ha pagato l'agenzia governativa? Fonti interne mantengono il riserbo. Dal prestigioso settimanale britannico, sede londinese, fanno sapere che la pagina di pubblicità sarebbe costata intorno ai 45.000 euro e spiegano il meccanismo pubblicitario. Chi acquista una pagina non è al corrente del contenuto del supplemento se non dal punto di vista generale. È probabile, spiega un giornalista dell'Economist, che gli agenti commerciali si siano limitati a dire che era in preparazione un numero sull'Italia. Sviluppo Italia quindi sarebbe stata solleticata dalla prospettiva di comparire in bella evidenza sul prestigioso periodico finanziario e senza pensarci su troppo, avrebbe acquistato a scatola chiusa. Ma sempre il giornalista inglese dice anche che era facile prevedere che il contenuto del supplemento sarebbe stato molto critico verso l'Italia. L'Economist non è mai stato generoso con il governo Berlusconi e spesso ha tratteggiato un quadro dell'economia con più ombre che luci.