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di GAETANO MINEO PALERMO - Deve cambiare musica, Alleanza nazionale in Sicilia per far crescere il proprio elettorato.

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Per dar vita alle nuove note, si dovrà ripartire dalla gente. In buona sostanza, occorre mettere in campo un porta a porta per risvegliare gli animi in letargo. Ma, allo stesso tempo, secondo il parlamentare di An, Enzo Trantino, «occorrerà individuare quattro punti di identità forti su cui giocare la partita». Trantino, avvocato, catanese, 69 anni, veterano della politica. Nove legislature di fila. E tra i recenti incarichi, quello di presidente della commissione Telekom Serbia. Onorevole Trantino, ieri Fini ve l'ha data una strigliatina? «E' un atto di responsabilità per un leader. E che non è rivolto soltanto a Catania, ma a tutte quelle situazioni politiche che certamente non hanno dato grandi risultati. In sostanza, non è un attacco, né una polemica violenta, ma un fratello maggiore che si rivolge a gli altri della famiglia dicendo che le cose così non vanno. Diamoci, quindi, una regolata per rimetterci in carreggiata». Resta il fatto che negli ultimi cinque anni, An passa dal 21% al 10 a Catania. Una bella picchiata. «Un'analisi si può tracciare evidenziando due punti. Il primo, è quello che siamo stati penalizzati lo scorso aprile alle amministrative di Catania per la presenza di Umberto Scapagnini (sindaco eletto, ndr) a cui abbiamo fatto traino, ma anche per la presenza delle liste di Raffaele Lombardo (Mpa) che hanno frantumato il consenso, penetrando ovunque. In altre parole, voglio dire che quando a Catania non c'è la politica di mezzo la destra non si mobilita. Mentre quando ci sono in ballo temi e grandi scelte non c'è più chi ti tira per la giacca. Questa è una chiave di lettura confortata dal passato e non credo che ci possa essere un elemento perturbatore che oggi possa alterarla». Vuole dire che quando la politica "vola" basso An ha difficoltà? «Certo. Proprio così. Alleanza nazionale non è un partito clientelare e non essendo tale tende a evitare i massimi sistemi che non fanno fascio in quelli che sono i voti di periferia, ad esempio. Non abbiamo, in parole povere, un linguaggio adatto per convincere la gente sui temi della politica locale. Quando pio s'innalza il dibattito, perché il catanese è uomo di palato, la risposta arriva sempre». A questo punto, An come si rabboccherà le maniche? «Abbiamo tracciato una sorta di mappa della città dove ognuno, per le proprie competenze, dovrà mettere in gioco il proprio nome. Questo significa da un lato responsabilità e dare conto di queste competenze in vari settori affidate a un singolo parlamentare, dall'altro vuol dire anche che se lo stato maggiore scende in guerra, guerra sia, ma la dobbiamo fare tutti». Insomma, verranno tutti sguinzagliati gli uomini della destra da ora in poi a Catania. Una sorta di porta a porta della politica? «Ha centrato la questione. Ma aggiungerei un porta a porta individuando quattro punti forti di identità per i quali ci giochiamo la partita. Temi nostri e nostri soltanto perché pur appartenendo alla coalizione, ognuno lotta alla fine per la propria casa. Allora bisogna spiegare all'elettore quali sono i propri pezzi pregiati, l'argenteria di famiglia e metterla in mostra».

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