Unione, si cerca l'accordo per il Senato
Stop. Al Senato? È da vedere. Ma se gli altri partiti vogliono aggregarsi tra loro non ci sono problemi, facciano pure». Beppe Fioroni taglia corto sul nodo delle liste elettorali, problemone che sta dilaniando l'Unione, dove i piccoli partiti si sentono tagliati fuori dall'Ulivo e dalle grandi coalizioni destinate a vincere e con tutta probabilità a far soccombere i «cespugli» con il nuovo sistema proporzionale. L'intesa tra Dl e Ds infatti è vissuta come un tradimento da Verdi, Comunisti italiani, Repubblicani europei e Italia dei Valori che non vogliono tra l'altro finanziare la campagna per Prodi e poi non riuscire ad affermarsi da soli. La protesta dei «piccoli» è ad alta temperatura il giorno dopo il primo «tavolo delle regole» coordinato a piazza Santi Apostoli da Ricki Levi, portavoce di Prodi e monta il malessere dei piccoli partiti contro Ds e Dl rei, secondo gli alleati, di «pensare solo al proprio orticello» invece che al bene della coalizione. Levi ridimensiona: «Il problema si pone soprattutto al Senato, dove prima di decidere dobbiamo effettuare una ricognizione seria. Capisco l'allarme dei piccoli partiti, ma entro Natale srà tutto stabilito». Dopo la levata di scudi dell'Udeur, che senza mezzi termini ha dichiarato di voler correre da sola al Senato solo dove prenderà il quorum, ieri il lodo Mastella ha fatto proseliti tra Verdi e Pdci. La questione liste sarà affrontata martedì al secondo round del tavolo delle regole, ma il duro braccio di ferro tra i piccoli e i grandi difficilmente sarà risolto senza una faticosa mediazione di Romano Prodi. Ormai si fa strada nei partiti minori di risolvere la vertenza con liste dell'Unione in 9-10 regioni. E un'eventuale assenza dalle schede elettorali in molte regioni dei partiti piccoli che non hanno il quorum assicurato. ma questo è un argomento che potrebbe creare problemi all'asse Ds-Dl, perchè ad esserne penalizzata sarebbe tutta l'alleanza. Al primo round si è già parlato delle cosiddette «geometrie variabili». In piccole regioni, come Molise o Val d'Aosta, potrebbe convenire una lista dell'Unione. In alcune regioni di media grandezza sarebbero forse più utili liste di Ds e Dl, affiancate da liste unitarie dei «piccoli». Insomma, un puzzle complicato da risolvere. Ma, anche in questo caso, come sempre, il problema è politico. «Ci sembra che da parte di Ds e Dl - dice il coordinatore dei Verdi Paolo Cento - vi sia un uso improprio e strumentale del simbolo dell'Ulivo che appartiene a tutta la coalizione». «Lo stato di salute della sinistra non è buono», è il parere di Achille Occhetto. Il fondatore del Pds prosegue: «Il simbolo dell'Ulivo è stato scippato, oggi si tratta solo di un autobus che si prende per le elezioni. Una volta passate queste ne vedremo delle belle». Prende invece le distanze dal lodo Mastella Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori. «Ribadisco la mia disponibilità ad entrare nella lista dell'Ulivo - dice - ma prendo atto del silenzio assordante di alcuni alleati». Tra l'altro pare che per Verdi, Pdci, Idc e Repubblicani europei, la trattativa col Professore si sta lentamente trasferendo dal piano politico a quello economico, lasciando quasi presagire una sorta di «scambio» tra contributi agli oneri elettorali della coalizione e presenza di candidati provenienti dai cespugli nelle liste dell'Unione. Una prospettiva fermamente respinta, in varie dichiarazioni, da Di Pietro e dalla Sbarbati, che hanno ribadito, seppur obtorto collo, la propria lealtà a Prodi. Giu.Cer.