Si rispolvera la mafiosità contro la Cdl
Le patenti di onestà e di mafiosità. L'agitare delle manette. Le voci. Le indiscrezioni. I magistrati che si mettono a sparare giudizi. Le porte le carcere si spalancano di nuovo. Arrivano gli avvisi di garanzia. Gli arresti ad hoc. Insomma, a Palermo sembra di essere tornati indietro di due lustri e passa. Come se non ci fosse mai stato il processo Andreotti. Si torna ad accusare, a utilizzare l'antimafia come strumento di lotta politica. A Locri, in Calabria, ad esempio, soprattutto studenti hanno sfilato per le vie del centro assieme ad alcuni familiari di vittime della mafia. L'occasione, la manifestazione in memoria di Francesco Fortugno, vice presidente del Consiglio regionale della Calabria, ucciso a Locri lo scorso 16 ottobre. «Ringrazio coloro che con la loro presenza hanno voluto testimoniare la loro vicinanza alla Calabria. O la Calabria diventa una grande questione nazionale o non ce la facciamo. Lo sforzo di questi giorni è trasmettere questo messaggio», spiega Marco Minniti, responsabile sicurezza e difesa dei Ds, intervenendo ieri a Lamezia Terme alla convention della Margherita sul Mezzogiorno. Anche in Sicilia ritorna a sventolare la bandiera dell'antimafia. Lo scenario, in sostanza, di questi movimenti scuote le coalizioni. Come quella di centrosinistra, dove alcuni militanti della Margherita (il partito di Rutelli che sponsorizza Ferdinando Latteri in contrapposizione a Rita Borsellino per le primarie siciliane dalle quali il 4 dicembre uscirà l'anti-Cuffaro) hanno deciso, in barba alle direttive del partito, di appoggiare la sorella del giudice Paolo Borsellino assassinato dalla mafia. Un macigno piomba anche sul centrodestra. A tal punto che è già lite tra il governatore, Salvatore Cuffaro, e la famiglia Borsellino. Altra benzina sul fuoco arriva dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone. L'assessore del Comune di Roma, Liliana Ferraro, propone alla stessa Fondazione di «prendere posizione in favore della candidatura di Rita Borsellino alla Presidenza della Regione siciliana». Insomma, non è un programma politico ad animare la campagna elettorale in Sicilia, ma l'annosa questione dell'antimafia. Il metodo della sinistra è lo stesso: noi siamo l'antimafia, gli altri sono mafiosi. Insorge il presidente dei senatori di Fi, Renato Schifani: «La signora Rita Borsellino l'abbiamo vista in tv, ospite di trasmissioni condotte da suoi compagni di schieramento. Vorrei dire che nella lotta alla mafia i governi di centrosinistra che ci hanno preceduto hanno usato molte parole e pochi fatti, al contrario di noi che abbiamo stabilizzato il 41 bis. Anche per questo voglio con chiarezza dire alla signora che sui temi dell'antimafia non accettiamo lezioni. Mi dispiace, devo dirlo. E altrettanto con dispiacere devo ricordare che Paolo Borsellino condivideva un modello politico di società diverso da quello della sorella». Lo scontro politico sull'antimafia tocca anche i palazzi della giustizia. Alcuni magistrati palermitani, in questi giorni hanno partecipato alla presentazione del libro di Michele Santoro. Prosegue ancora Schifani: «Non ci si esibisce in riunioni in cui, anche se con il pretesto della presentazione di un libro e di un dvd, si fa propaganda politica contro il presidente della Regione alla vigilia delle elezioni regionali. Non da parte di un magistrato». Uno dei maestri dei movimenti politici, certamente è l'ex sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Che proprio per fomentare una politica non in linea con il partito di Rutelli è stato cacciato dallo stesso presidente della Margherita dalla direzione romana. È uno storico «guerriero» Orlando, sin dai tempi della Dc. E oggi è ritornato in scena: appoggia la candidatura della Borsellino e, allo stesso tempo, guarda sempre più con attenzione la poltrona di sindaco di Palermo.