Antitrust: i professionisti hanno troppi privilegi
Nella relazione inviata al Parlamento e al governo, l'Autorità sostiene che la «regolamentazione è in molti casi sproporzionata e attribuisce ingiustificati privilegi» alla categoria, «limitando così l'accesso al mercato». La conseguenza è che viene «ridotta l'efficienza a danno dei consumatori». Di qui la richiesta di una «riforma improcrastinabile» del settore e dei codici che lo regolamentano. Alcuni infatti contengono disposizioni in cui, «in modo più o meno espresso a seconda dei casi, la concorrenza viene vietata ovvero considerata un disvalore». L'Autorità individua quattro «aree critiche» che costituiscono «un freno al libero esplicarsi della concorrenza nel settore delle professioni: ruolo degli ordini, tariffe inderogabili, limiti alla pubblicità, eccesso di regolamentazione normativa». Il Garante invita ad «operare un profondo ripensamento del ruolo svolto dagli ordini» che devono «promuovere la formazione (per garantire l'aggiornamento dei professionisti a vantaggio degli utenti) e vigilare sulla correttezza dei comportamenti degli iscritti. Bisogna quindi evitare di «far ricadere nei codici deontologici aspetti spiccatamente regolatori dell'esercizio delle professioni, che non hanno niente a che vedere con questioni di ordine etico». Da «eliminare le tariffe predeterminate inderogabili». I sistemi tariffari sono infatti «obsoleti, non funzionali a garantire il corretto funzionamento del mercato e preposti alla tutela di posizioni di vantaggio acquisite». La loro eliminazione è quindi «ancora più importante per consentire lo svolgersi della concorrenza proprio a beneficio di un continuo miglioramento dei servizi professionali». La pubblicità è la terza area critica: «occorre introdurre il principio della libertà di mezzi e contenuti pubblicitari» afferma l'Autorità guidata da Antonio Catricalà. Potrebbero essere contemplate forme di regolamentazione della pubblicità «per evitare la creazione di bisogni artificiali». Secondo l'Autorità, che ricorda di aver già inviato solo nel biennio 2004-2005 sei segnalazioni a Governo e Parlamento, «il regolatore dovrebbe quindi operare un ripensamento della coincidenza tra interessi pubblici e privati». «Vanno perciò eliminate alcune riserve di attività, come le certificazioni di alcuni atti notarili o la vendita di medicinali da banco - afferma - e occorre ripensare il sistema di accesso alle attività professionali riservate. È necessario eliminare i vincoli allo svolgimento delle professioni in forma societaria ed è indispensabile porre un argine alla domanda di regolamentazione espressa dalle professioni non protette». L'Antitrust sottolinea infine «la disponibilità dei professionisti, in molti casi, a modificare le regole ritenute obsolete a fronte invece di un atteggiamento del legislatore volto a tutelare posizioni conservative». Plaude la Confindustria a queste osservazioni. «La concorrenza nelle professioni è un punto importante della strategia più generale di Confindustria per accrescere la competitività del sistema economico», sottolinea il direttore generale Beretta. L'Anpa, l'associazione nazionale praticanti e avvocati, chiede ora di passare dalle parole ai fatti. Anchi i Ds dicono di condividere le osservazioni dell'Antitrust. Cesare Damiano, responsabile lavoro e professioni Ds e il senatore Giovanni Battafarano vice responsabile professioni «sono convinti che la riforma sia necessaria per accrescere la competitività dell'economia italiana, per attuare in Italia la direttiva europea sul riconoscimento delle qualifiche professionali».