Par condicio frena anche il Cavaliere
E detta una nuova tabella di marcia per la Cdl, che lascia in testa alle priorità per questo scorcio di legislatura la legge elettorale, ma subito al secondo posto colloca la riforma del risparmio, relegando solo in una eventuale terza posizione la modifica dell'attuale legge sulla comunicazione in campagna elettorale. Sulla riforma del risparmio, anzi, il premier anticipa che ci sarà presto un vertice di maggioranza, durante il quale «non sarà difficile trovare una posizione comune», verificati con il ministro Tremonti «alcuni punti posti in evidenza dai lavori in commissione». L'Udc coglie la palla al balzo, e non perde l'occasione per calciare fuori dal campo la revisione della par condicio tanto cara al premier. «Le poche sedute parlamentari che mancano alla fine della legislatura — spiega infatti il segretario Lorenzo Cesa — vanno utilizzate per leggi importanti a tutela e nell'interesse dei cittadini, che aspettano da molto tempo l'approvazione». Inutile aggiungere che «tra queste per l'Udc la legge sul risparmio è senz'altro una priorità rispetto alla modifica della par condicio». Che la riforma della par condicio non sia prioritaria, lo ribadisce immediatamente anche l'Udc Bruno Tabacci, per il quale l'accordo sulla tutela del risparmio è «una priorità sentita come tale da tutti gli italiani, mentre certo lo stesso non si può dire della par condicio». Tecnicamente — nonostante lo slittamento dell'esame del ddl che centrodestra e Unione si sono a vicenda rinfacciati — i tempi per licenziare il testo entro la legislatura ci sarebbero ancora, in presenza di una forte volontà politica e di un'intesa nella maggioranza. «Per An l'approvazione prima del voto è assolutamente prioritaria», dice il relatore del provvedimento Stefano Saglia, di An. La Lega invece non si pronuncia sul nuovo calendario di priorità indicato dal premier. Intanto, l'opposizione soffia sul fuoco. «Il fatto che, come dice Berlusconi, si renda necessaria una riunione di maggioranza per trovare un accordo — denunciano i Ds con Mauro Agostini — significa soltanto che fin qui quell'accordo nella Cdl non c'era». Dunque lo slittamento della discussione della legge dipenderebbe «dalla incapacità del governo e della maggioranza di trovare uno straccio d'intesa su temi che da sempre attraversano questa discussione: il ripristino del reato di falso in bilancio e il ruolo di Bankitalia». Dice di più Mario Lettieri, della Margherita. «Sia chiaro che la norma sull'articolo 30, relativa alle pene per il reato di falso in bilancio, non si tocca», mette in guardia l'esponente dei Dl, ergendosi a difesa delle modifiche apportate in Senato, che hanno stretto le maglie della normativa rispetto alla legge Vietti. Boatos parlamentari nell'opposizione — che trovano però conferma anche nella maggioranza — raccontano intanto di una singolare coincidenza, che spingerebbe il premier a convocare con urgenza il vertice della Cdl sul risparmio. La modifica dell'articolo 30, approvata a luglio a Palazzo Madama, ha trasformato infatti la fattispecie del «danno ai soci» in reato perseguibile d'ufficio (e non più a querela di parte), inasprendo le modalità previste attualmente per perseguire il reato di falso in bilancio. Il combinato disposto di queste modifiche con la versione finale e più restrittiva della ex Cirielli, avrebbe fatto sobbalzare gli avvocati del premier, preoccupati di effetti diretti per Berlusconi, con la riapertura di pendenze a suo carico. «Mi occupo di economia e risparmio e non di giustizia — replica a queste voci Saglia — È evidente che il testo del Senato sul falso in bilancio è più severo rispetto all'attuale normativa ed è realistico pensare che questo possa non trovare condivisione da parte di Forza Italia. Ma il resto è solo processo alle intenzioni».