Governo: sì alle quote rosa Una donna ogni 4 candidati
una ogni 3 al secondo voto. Un diverso ordine della lista, ma sempre una quota rosa obbligatoria del 33 per cento. Chi sgarra rischia un taglio fino al 50 per cento del rimborso elettorale nel 2006; nel 2011 scatta l'inammissibilità della lista. Sono i punti chiave del disegno di legge Prestigiacomo, approvato dal Consiglio dei ministri con il voto contrario di Beppe Pisanu, Antonio Martino e Carlo Giovanardi. Un testo che ricalca in gran parte l'emendamento della Cdl alla riforma elettorale bocciato alla Camera tra le polemiche. Il disegno di legge è composto da un solo articolo, diviso in cinque commi. La sua efficacia è limitata appunto a due tornate elettorali nazionali. Il primo comma indica la quota del 33 per cento: «Ogni sesso non può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati della lista». Inoltre, introduce il criterio della soglia di rappresentatività di ciascuno dei sessi nelle liste elettorali per le politiche. Se è prevista una presentazione di lista secondo un determinato ordine (cioè senza preferenze), «ogni sesso non può essere rappresentato in una successione superiore a tre». Il criterio vale sia per ogni lista di candidati, sia nel caso in cui la presentazione delle candidature avvenga per gruppi di candidati. Il secondo comma distingue fra prima e seconda elezione politica successive all'entrata in vigore della legge. Infatti, per la seconda elezione si prevede che, nell'ordine di lista, il rapporto fra i sessi non sia superiore di uno a due. I commi 3 e 4 sanzionano l'inosservanza del provvedimento da parte dei partiti: si prevede per ogni candidato maschio in più fino al 50 per cento di riduzione di rimborsi elettorali per le prime elezioni e per le seconde l'inammissibilità della lista. Il quinto ed ultimo comma attribuisce al presidente del Consiglio o al ministro delegato il compito di riferire entro tre mesi dalla prima e dalla seconda elezione sull'applicazione della legge e sulle «misure necessarie per promuovere ulteriormente le pari opportunità alle cariche elettive». La legge sul riequilibrio della rappresentanza femminile nelle liste elettorali — si legge nella relazione introduttiva — non comporta alcun nuovo o maggiore onere a carico dello stato. «Occorre colmare — afferma ancora la relazione — il forte divario che attualmente esiste tra la società civile e la realtà politica. È compito dello Stato trovare delle soluzioni che siano in grado di contrastare ciò che costituisce un forte deficit del sistema». Ed ancora. «Il presente ddl si rende necessario stante l'evidente difetto di rappresentanza delle donne nelle assemblee elettive e la sua efficacia risulta limitata a due tornate elettorali nazionali. Ciò in attesa che si avvii un cambiamento culturale che porti spontaneamente, nel lungo periodo, verso un sicuro e definitivo riequilibrio».