Maroni: il rebus Tfr nelle mani del premier non posso costringerlo
Non è dato sapere al momento cioè se verrà corretta l'impostazione ultima che il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha dato al decreto recependo le indicazioni delle parti sociali contenute nell'avviso comune. Ieri si è registrata una piccata risposta di Maroni al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. «Il dossier è lo stesso di un mese fa, non c'è stata variazione, non si fa fatica a leggerlo», ha detto Maroni. «Finora mi sono occupato di Finanziaria. Non ho ancora visto il dossier a fondo e non mi sono fatto un'opinione specifica in merito», aveva affermato in precedenza il ministro dell'Economia. Non solo. Tremonti aveva confermato che sull'argomento ci sono tesi diverse all'interno del governo e aveva fatto cenno anche ad aspetti che il decreto non affronta: per esempio, la situazione di quei lavoratori i cui contratti non prevedono il Tfr. Sul Tfr la decisione è «nelle mani del premier» ha precisato Maroni che deve stabilire se «metterlo o no all'ordine del giorno di un Consiglio dei ministri prima della scadenza del termine delle delega, che è il 4 dicembre. Io non posso costringerlo». E il premier, a devolution approvata, ha garantito che la riforma del Tfr non è stata inserita all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri solo per motivi tecnici e che lo sarà fatto nel prossimo. Coincidenza vuole che il prossimo Consiglio dei ministri cada il 25 novembre se sarà convocato venerdì, come di consuetudine. Ma anche se venisse anticipato di un giorno, al giovedì cioè, sarebbe alto il rischio di un cortocircuito con lo sciopero indetto dai sindacati contro la Finanziaria. Rischio possibile nel caso di un'approvazione della riforma del Tfr con i dovuti correttivi che ridimensionano la corsia preferenziale data ai fondi contrattuali chiusi. Così come chiedono Palazzo Chigi ma anche il Parlamento, oltre che le assicurazioni. I sindacati però negano. L'ipotesi su cui cioè si ragionava di un compromesso nel governo e nella maggioranza su una portabilità a tempo del contributo del datore di lavoro, ovvero la permanenza del Tfr e dei versamenti del datore di lavoro in un fondo contrattuale chiuso per un certo numero di anni dopo il quale il lavoratore tornerebbe libero di decidere il destino del trattamento di fine rapporto, incontra il no dei sindacati. La riforma del Tfr verrà approvata così com'è, ha sentenziato il consigliere economico di Palazzo Chigi, Renato Brunetta.