Ieri l'incontro con Pera, oggi ospite in Senato per il via libera alla «sua» devolution
Chi lo osannava, chi l'odiava. Un uomo senza mezze misure. Vederlo oggi fa tutt'altra impressione. Fa quasi compassione. La sofferenza non si nasconde, nonostante le smorfie in viso. Ce l'ha insegnato Giovanni Paolo II. Bossi sorride, anche perché tornare a Roma da trionfatore lo fa sorridere. Cammina a stento, a piccoli passi, è sorretto (ma senza dare nell'occhio). Lo sguardo del figlio Renzo non lo molla un attimo. Come non l'ha mai mollato un attimo la moglie Manuela, anche nei momenti più difficili. Quelli dei capricci prima, quelli della malattia poi. Renzo lo accompagna, lo precede nei movimenti. È con lui sempre. Sa bene che oggi per papà Umberto sarà un giorno importante, politicamente il più importante. Qualcuno che gli è stato vicino dice che la forza che l'ha strappato alla morte gliel'ha data la devolution. E oggi il Senato darà via libera alla legge, anche se il referendum appare inevitabile. Ma questa è un'altra storia. Per il momento il Senatùr è sugli scudi di tutti i suoi militanti. Di tutti quei padani che lo seguono da sempre. Che si sono infiammati a Pontida e che più volte hanno infierito contro la Roma Ladrona. La stessa Roma che questa volta lo incorona come il doge del federalismo. Tuttavia, oggi, non sarà una passerella per Bossi. Lo stress potrebbe mettere a dura prova la sua tempra, il suo cuore soprattutto, che palpiterà a ogni intervento dei senatori dell'Unione. Ogni singola dichiarazione di voto (se ne prevedono un'infinità) sarà come una scossa elettrica. Ma alla fine, tutto filirà liscio, e festeggerà la sua grande vittoria. Non teme nessun colpo basso. L'ha detto e ridetto. Berlusconi e Fini hanno mantenuto la parola, anche durante la malattia. Hanno rispettato gli impegni precedentemente presi, li hanno portati a termine. Pure senza di lui. Sarebbe stato facile mischiare le carte in quei momenti, anche se Calderoli si è comportato come un perfetto cane da guardia. Un antifurto pronto a suonare e a mettere in difficoltà il governo. Chi non è mai stato dalla sua parte è Follini. Non è nemmeno mai andato a trovarlo, anche nei giorni della malattia. Ha fatto bene, perché fingere? Bossi lo sa e, non solo per questo, non lo ricorderà mai nelle sue preghiere. Berlusconi invece non l'ha mai abbandonato. Perfino Fini è ritornato a essere uno dei "quattro amici al bar", anche se ha mantenuto la sua promessa fatta 11 anni fa: mai più un caffé con lui. L'ultima volta che si sono visti infatti hanno bevuto un analcolico e della coca cola (Bossi ne berrebbe a litri). Ieri il Senatùr ha incontrato Pera. A tu per tu per quaranta minuti a Palazzo Giustiniani. Poi la fuga in auto, con il figlio Renzo e i suoi accompagnatori. In verità Bossi ha abbassato il finestrino della Volvo, ma gli uomini della sicurezza hanno spinto lontano i giornalisti. Appena una parola da segnare sul taccuino: «Speriamo», in risposta alla domanda sul sì alla devolution. O forse Speriamo che me la cavo per la giornata odierna. «A questo punto siamo tutti federalisti» ha detto prima di rialzare definitivamente il finestrino dell'auto. E ora il gran giorno. Sarà l'ospite d'onore, con moglie e figli, nel palco del presidente del Senato.