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FA IMPRESSIONE vedere il leader della destra italiana, Gianfranco Fini, citare la celebre massima di ...

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Anche se poi, il ministro degli Esteri precisa: «Il pragmatismo cinese va seguito con interesse, ma per noi occidentali contano anche i valori, le identità. L'economia ha determinato delle aperture ma la Cina resta un regime totalitario, neanche assolutistico. Pensate al controllo che viene esercitato negli accessi a Internet, proprio per evitare contatti col mondo esterno. Non esiste una stampa libera, una televisione libera, non ci sono diritti civili. E questo non dobbiamo dimenticarlo». Sono le ore nove quando il «professor» Gianfranco Fini sale in cattedra. Lo fa davanti a una gremita platea di studenti della facoltà di giurisprudenza della Lumsa, in via Pompeo Magno, nel quartiere Prati. Apre i corsi di diritto cinese, che l'ateneo romano ha introdotto da qualche tempo, con una prolusione sulla Cina. È un Fini attento, che cita dati e statistiche, che ha studiato l'argomento. A introdurlo sono tre insigni giuristi: il rettore della Lumsa, Giuseppe Dalla Torre, il preside della facoltà di giurisprudenza Giovanni Giacobbe e il professor Sandro Schipani, antesignano in Italia degli studi sugli ordinamenti giuridici cinesi. Gli studenti ascoltano, qualcuno fa le foto con il cellulare. Il tema Cina desta fascino. «Premetto, non sono un esperto - esordisce il vice premier -. La Cina c'è, non commettiamo l'errore della mia generazione che voleva qualificare tutto in termini negativi o positivi». Il punto di partenza è necessariamente l'economia. «La Cina è un tema che si impone con la forza dei numeri: piaccia o no, ha il 20 per cento della popolazione mondiale, cresce a un ritmo del 9,7 per cento l'anno, contribuendo per un terzo alla crescita globale dell'intero pianeta. Oggi, la Cina è la sede dell'industria manifatturiera nel mondo». Gianfranco Fini non si iscrive ne al partito degli entusiasti della Cina ne a quello degli spaventati, detrattori. Elabora una sua posizione mettendo in luce anche i difetti di questa crescita: «C'è un evidente rovescio della medaglia, la Cina si muove non solo con una manodopera a basso costo, ma la sua crescita è un grave danno alle condizioni ambientali del pianeta. Pechino non ha aderito al protocollo di Kyoto e non intende farlo. Lo stesso aumento del prezzo del petrolio è legato in buona misura al boom cinese». Poi le domande. Alla fine c'è un applauso generale, Gianfranco Fini ha superato l'esame di professore.

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