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La Consulta: «Non toccate le autoblù»

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La Corte Costituzionale ammonisce il governo. Può stabilire il tetto di spesa ma non cosa tagliare

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Basta che il governo decida di fare il moralizzatore e potare gli sprechi di Comuni e Regioni ed ecco che la Corte Costituzionale interviene a difesa dell'autonomia degli enti locali. Tagliare il parco auto e le consulenze diventa così incostituzionale. Il governo deve limitarsi a stabilire il tetto di spesa ma come muovere le forbici spetta agli enti locali. Ieri una sentenza della Corte Costituzionale si è pronunciata sul ricorso presentato da quattro Regioni (Marche, Valle d'Aosta, Campania e Toscana) contro il decreto taglia-spese del luglio 2004 perchè invasivo dell'autonomia decisionale delle Regioni. Nel decreto in questione si fissano tagli alle spese per consulenze esterne, missioni al'estero, rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni e spese per beni e servizi. Il pronunciamento della Consulta ha subito scatenato un putiferio perchè le misure in questione sono molto simili a quelle contenute nella Finanziaria 2006. La sentenza della Consulta spiega che indicando i capitoli di spesa su cui intervenire, il governo ha violato l'autonomia di Regioni e Comuni compiendo una «inammissibile ingerenza». Le legge statale può «stabilire solo un limite complessivo che lascia agli enti la libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa». Il che vuol dire che il governo può indicare genericamente il taglio alle spese ma senza indicare i settori da sforbiciare. La sentenza non dovrebbe modificare l'impianto complessivo della Finanziaria anche se andrà modificata la parte che riguarda gli enti locali dove vengono indicate le voci da tagliare, ovvero auto blu, consulenze, convegni e pubblicità. Si tratta di tre commi del maxiemedamento del governo su cui è stata posta la fiducia in Senato. Non dovrebbe invece essere cambiata la parte che fisa un tetto generico alle spese dele Regioni (-3,8%) e per province e Comuni (-6,7%). Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha spiegato che l'impianto della manovra rimarrà sostanzialmente invariato, l'impatto è pari a zero, anche se saranno possibili piccole modifiche («qualche parola»). E comunque secondo Tremonti la risposta al problema è nel federalismo fiscale: «È la prova ulteriore che serve il federalismo fiscale - ha detto il ministro - L'impatto sulla Finanziaria, spiace deludere, è pari a zero. Se c'è da modificare qualche parola, volentieri, ma la Manovra resta solida e non variata». Il viceministro Giuseppe Vegas ha intanto fornito una sua ricetta per recepire il contenuto della sentenza: rafforzare il limite generico alla spesa. «Gli strumenti di recepimento interno, ossia il patto di stabilità interno, non potranno non essere rafforzati sotto il profilo della loro definizione quantitativa al fine di evitare che la rimozione degli obiettivi di carattere qualitativo possa indebolirne la portata». Insomma intervenire sulla quantità della spesa invece che sul dettaglio dei singoli capitoli d'uscita. «A questo punto - dice Ettore Peretti dell'Udc - valuteremo quali spazi sono consentiti, alla luce di questa sentenza, per intervenire sulla spesa degli enti locali. Diversamente dovremo rivolgerci altrove». La sentenza è stata subito cavalcata dagli enti locali. Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, chiede con forza che il governo apra un tavolo di confronto con Regioni e autonomie per salvaguardare e rafforzare le relazioni istituzionali. Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc evoca la necessità di un patto istituzionale fra Stato, Regioni ed Enti locali. L'opposizione ne approfitta per sparare a zero sulla Manovra. Per Romano la sentenza «non può non avere influenza anche sulla manovra attualmente in discussione». Fassino parla di «contraddizione del governo che si prepara a votare la devolution mentre la Corte Costituzionale dice che in questi anni si è fatta una politica che ha mortificato le autonomie ed è incostituzionale».

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