Fiori acclamato presidente della Dc
Il giovane leader di un partito che si ostina a chiamarsi Democrazia cristiana, nonostante tutto, nonostante la fine della prima repubblica e forse anche della seconda (con la nuova legge elettorale). Apre il consiglio nazionale riunito in una sala gremita di un teatro nel cuore di Roma, e tutti lo stanno ad ascoltare. Certo non sarà Fanfani, non sarà Moro o Andreotti, ma questo deputato di Avellino ha il suo carisma. E quando dice che la Democrazia cristiana è ancora viva e che presenterà le sue liste sia alla Camera che al Senato scalda i cuori e fa sognare in grande tutti i presenti. Il partito c'è (ora ha 4 deputati e un senatore, più un europarlamentare e per il futuro secondo Rotondi tutti i sondaggisti lo danno al 2%), la lista ci sarà, rimane da risolvere un problema non da poco: con quale schieramento correre, o se provare la sorte e presentarsi da soli. La nuova legge elettorale proporzionale prevede uno sbarramento del 4% per i partiti non collegati a una coalizione. Un risultato così pure nelle più rosee previsioni sembra piuttosto irrealistico - anche se a qualcuno non impossibile - per la Dc di Rotondi. E allora si vedrà. Per il momento il partito discute e si conta. Sul palco ci sono i dirigenti che rappresentano le varie anime del partito. Il passato e il futuro. C'è il vecchio saggio Clelio Darida, presidente onorario del Consiglio nazionale, c'è Cirino Pomicino, uomo simbolo della vecchia Dc, deputato europeo eletto con la lista nell'Ulivo e poi passato alla nuova Dc. C'è il vicesegretario, il senatore Mauro Cutrufo, che insieme a Rotondi rappresenta l'anima giovane del partito, la nuova guardia, che con orgoglio difende l'autonomia e l'identità del partito. E poi c'è una new entry di lusso, il vecchio leone Publio Fiore, che ha appena lasciato An. Rotondi apre i lavori in mattinata, chiarendo un principio «noi siamo democristiani, gli altri sono solo ex». Ma il suo stile è gentile, non ce l'ha con nessuno, nemmeno con Casini che non ne vuole proprio sapere di rifare la Dc, lui è pronto al dialogo con tutti, anche con il centrosinistra che certo non gli piace tanto per le sue posizioni laiciste. Però ricorda: «Non è compito della politica dettare i principi cattolici». Dopo l'intervento Rotondi, senza troppe cerimonie viene eletto, per acclamazione, presidente del partito Publio Fiori. Tutti sono orgogliosi del suo arrivo. E lui pure: «Dunque si torna a casa». Dopo più di un decennio ha deciso, senza rancore, di lasciare il partito di Fini perché «i valori cattolici vanno difesi. Erano nelle tesi di Fiuggi quando è stata fondata Alleanza Nazionale, oggi sono stati sostituiti dalla libertà di coscienza». Dai valori alla pratica: Cutrufo rivendica l'orgoglio di non stare né con il centrodestra né con il centrosinistra perché il primato della politica e dei valori va difeso anche rischiando, per questo è importante ricordare «l'eroismo di Andreotti e D'Antoni che tentarono di stare fuori dai poli». Poi interviene Pomicino, ringrazia il gruppo dirigente «senza verità in tasca». Lui spinge un po' a sinistra («il programma di Prodi non è così diverso dal nostro»), ma insomma è aperto a tutte le soluzioni. Dopo i big, parlano i consiglieri arrivati da tutta Italia. Tra voci diverse quello che emerge è che nessuno vuole sparire: destra, sinistra o soli l'importante è vivere. E con questa nuova legge elettorale è possibile: anche i piccoli possono essere visibili. Ora parte la campagna per il tesseramento che chiarirà i rapporti di forza all'interno del partito. A dicembre la scelta di campo.