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Finanziaria, torna il bonus bebè anche nel 2006

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Tremonti mette fine alle polemiche. Alla Camera un emendamento per estendere l'assegno

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Dopo una due giorni di polemiche fomentate dall'Udc cavalcate subito anche da Alleanza Nazionale e dalla Lega, ieri è arrivato lo stop del ministro dell'Economia. Tremonti ha annunciato che il governo presenterà un emendamento che riproporrà l'accordo base raggiunto dai leader della maggioranza sul pacchetto famiglia: dunque, bonus di 1.000 euro per tutti i neonati del 2005 e per i non primogeniti nati nel 2006. Questo consentirà, ha detto il ministro, «di porre fine con il consenso di tutti gli amici, alla discussione di questi giorni». La comunicazione di Tremonti è arrivata in serata dopo un giornata in cui la polemica sul bonus era montata all'inverosimile con il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa che parlava di «punto irrinunciabile» e la Lega che addirittura alzava il tiro. Il ministro del Welfare Roberto Maroni è arrivato a chiedere l'erogazione dell'assegno di mille euro per il 2006 a tutti i neonati e non solo ai secondogeniti. Il che avrebbe comportato, per sua stessa ammissione, lo stanziamento di 500 milioni di euro in più. Anche An è scesa in campo sul bonus con un intervento diretto del vicepremier Gianfranco Fini a rafforzare le dichiarazioni dei ministri del suo partito. Sicchè Tremonti in serata ha rotto gli indugi per evitare che la polemica sbarcando alla Camera, dove la prossima settimana la Finanziaria comincerà il suo iter (i lavori a Montecitorio sulla Manovra non sono ancora stati calendarizzati, ma l'esame del decreto fiscale comincerà mercoledì), possa scatenare una corsa al rialzo delle richieste di modifica. L'obiettivo di Tremonti è di arginare il più possibile l'assalto dei partiti. Il ministro è quasi riuscito a far digerire al premier Berlusconi la tesi che una Finanziaria di rigore può essere elettoralmente vantaggiosa. Intanto l'opposizione sul bonus è passata all'attacco. Prodi definisce l'assegno una «elemosina che non ha senso perchè verrebbe elargita a tutti senza distinzione di reddito e a fronte di tagli per 7 miliardi ai servizi». Ma non c'è solo la questione del bonus bebè. Il ministro dei Beni culturali Rocco Buttiglione batte cassa per il suo dicastero. Dopo aver strappato la riduzione dei tagli al Fondo unico per lo spettacolo, è tornato alla carica per avere più soldi per la cultura. Altro nodo da sciogliere è quello del Fondo sociale. Le Regioni non ci stanno al taglio del 50% (più di 500 milioni) e sostengono che sono a rischio i finanziamenti essenziali per tenere aperti asili nido, servizi per l'handicap, la tossicodipendenza, gli anziani, gli immigrati indigenti, e sperano che alla Camera si possano recuperare i fondi che gli enti locali hanno già in buona parte impegnato. «Abbiamo scritto al presidente del Consiglio - dice il presidente della Conferenza delle Regioni e della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani - ci deve una risposta». Intanto i sindacati preparano lo sciopero generale del 25 novembre contro la Manovra e cercano di ristabilire un asse con la Confindustria. Gli industriali che inizialmente avevano accolto la Finanziaria in modo positivo ora sembrano più critici per le revisioni introdotte. Cgil, Cisl e Uil vorrebbero ristabilire un fronte comune con la Confindustria sul Mezzogiorno. L'occasione sarà il vertice di domani con il presidente degli industriali Luca di Montezemolo al quale i sindacati gli chiederanno di partecipare agli Stati Generali sul sud.

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