Prodi: «Saremo radicali senza mediazioni»
Da Bologna, la sua città, il Professore lancia la sfida a Berlusconi convinto che le scelte più rischiose sono quelle che pagano di più. Perché ribellarsi è giusto: contro la legge elettorale cambiata all'ultimo momento, contro i provvedimenti ad personam, contro le riforme costituzionali pasticciate, contro un governo che ha fatto poco e male per il Paese. L'uomo che ha scommesso sulle primarie vincendo alla grande, ora è convinto di sapere dove va il vento. Ieri ha dettato la linea, senza esitazioni: «Osare, osare, osare». Lo ha detto nel corso di una giornata intensa tra il convegno organizzato dalla sua Fabbrica del Programma con politici e professori che discutevano di buongoverno e poi al pranzo annuale della casa editrice Il Mulino. Per Prodi è arrivato il tempo delle scelte nette. Al Professore non piace dover scegliere tra radicalismo e mediazione. «Questo è stato l'errore storico della sinistra italiana» che ha sempre seguito o una o l'altra strada. Invece bisogna mettere insieme le due cose: «Ecco come si fa il riformismo, quello vero senza aggettivi». E comincia. Su Berlusconi va giù durissimo: «Si è impegnato solo per fare le riforme che gli facevano comodo. Berlusconi ha fatto, pure male, quattro leggi a suo favore». Pure ne avesse fatte dieci per il Professore la sostanza non sarebbe cambiata: quello che ha fatto Berlusconi non è proprio riformare il Paese. Prodi ne è convinto. È l'anima del Professore cattolico che parla: uno Stato si cambia impegnandosi tutti insieme, «nessuno si senta escluso, c'è bisogno dell'impegno di tutti». Il leader del centrodestra ha fatto il contrario, Prodi ne è convinto. Così come è sicuro che tutti capiscono che «Berlusconi ha governato per qualcuno e basta, non per il Paese». La battaglia del Professore è a campo aperto. Quasi niente si salva. Sicuramente non Berlusconi. Sulla legge elettorale Prodi dice che la maggioranza l'ha fatta solo perché sapeva che stava diventando minoranza. Chiama a raccolta i suoi: «Dobbiamo ribellarci» perché è una legge che «manda all'aria il Paese». Dice nella prossima legislatura andrà «superata». Insomma corregge quei compagni di coalizione che invece opterebbero per strade più morbide. Come Rutelli che pochi giorni fa aveva detto: sarà difficile cambiare la legge elettorale perché, anche se il centrosinistra dovesse vincere, non avrebbe una maggioranza numerica in Parlamento così schiacciante da far passare un ritorno al vecchio sistema elettorale. Ma insomma Prodi a casa sua si sente forte e va per la sua strada. Sa che è lui il leader della coalizione e che i partiti devono seguire. E infatti riconosce volentieri: «I partiti dell'Unione stanno lavorando benissimo». Non c'è conflitto. Basta che sia lui a tenere la barra. E allora va avanti. Sulla riforma della costituzionale, la devolution, dice «sarà opposizione sul metodo e sul merito alla riforma del centrodestra» però niente muri contro muri, su temi tanto importanti il centrosinistra al governo si impegnerà per «approvare insieme le riforme che garantiscano la stabilità». Lo strumento per attuare questa lotta di attacco e resistenza sarà l'Ulivo ritrovato ma anche e ancora l'Unione. Per Prodi ricostruire la lista dell'Ulivo (Ds e Margherita) è stato un grande passo. E ora quello sarà «il punto di riferimento della coalizione». Però è importante tenere coesa anche l'Unione, soprattutto per non avere brutte sorprese da Rifondazione. Per questo è fondamentale la fase di elaborazione del programma comune e vincolante. Certo, l'obiettivo di lungo periodo rimane «il partito dei democratici». Ma per quello c'è tempo. Ora bisogna affrontare la battaglia: la lunghissima campagna elettorale. Chissà se gli elettori del centrosinistra apprezzeranno la strada del Professore: senza se e senza ma fino alle elezioni. Sarà vittoria?