Celentano elegge Fo sindaco di Milano

Poi si candida a diventare suo «collaboratore», una volta che verrà eletto primo cittadino. Celentaneide atto terzo. Il tormentone fa ancora da padrone e Adriano ne approfitta per buttar giù lì quel sindaco che, «forse», «non totalmente», ma si può avvicinare «a quello che ho sempre sognato per Milano». Cioè prati verdi, cultura e altro ancora. Insomma, se proprio i voti per le politiche non li può spostare, o almeno è un'impresa più difficile, beh, sul sindaco ci prova subito. E riceve i ringraziamenti del premio Nobel e un esposto in Commissione di Vigilanza con varie azioni legali da parte di Marco Marsili, che sostiene la candidatura di Ombretta Colli alle comunali di Milano. Poi scatena la reazione di sinistra e destra. «Non me ne frega niente - commenta il diessino Violante - non mi interessa, bisognerebbe finirla di mischiare lo spettacolo e la politica». Mentre Bonatesta di An trova «intollerabile che usi gli schermi del servizio pubblico per fare un mega-spot nientemeno che a Dario Fo, rappresentante della sinistra radicale, laicista e anticlericale», Siamo al limite della turbativa elettorale». Dopo le immagini di New Orleans devastata dall'uragano Katrina, torna «rock e lento». «Firmare il contratto con gli italiani in diretta è lento, c'è scritto qui, ma aggiungo che a suo tempo sarebbe stato rock. Cucinare il risotto in diretta è lento», parte in quarta il Molleggiato supportato dai testi di Freccero, Cugia e company. Con una bordata a Berlusconi e un'altra a D'Alema, entrambe riferite a due puntate di Porta a Porta. E ancora, sempre in una sorta di par condicio all'amatriciana: «Fassino è rock. Giuliano Ferrara è rock». E poi: «Gli intellettuali da salotto sono lenti, i meccanici, gli operai e i tassisti sono rock. Collina è rock, chi regala i Rolex agli arbitri è lento». Poi torna ad essere solo Adriano-Adriano, senza neppure gli autori: «Non peccare mai è lento. Ma il paradiso è rock. Le bombe intelligenti sono lente...». Entra Teo Teocoli in versione Celentano e si butta sulla solita vittima sacrificale originaria, il direttore Del Noce. Racconta di essere finito in manicomio: «Lì una persona mi ha aiutato». «Del Noce?», chiede Celentano. «No, era dentro prima di me -risponde Teocoli riferendosi ancora al manicomio - ma era nel reparto inguaribili». Il ritmo è più lento che rock stavolta, ma l'attesa è per la prossima e si spera sempre nell'arrivo del premier. È il momento di Crozza, travestito da Guccini, perché «il programma andava riequilibrato. E comincia una presa in giro che parte da Fassino che pesa «30 chili di carisma» ed è la prova che «se i comunisti mangiano i bambini vuol dire che i bambini non fanno ingrassare». E arriva a corpo morto su Bruno Vespa, Porta a Porta e i suoi ospiti (incluso l'avvocato Taormina), Daniela Santanchè e il governatore della Banca di Italia Antonio Fazio. Quindi è la volta del monologo. Un telepredicone lungo e professorale tra vocabolario Zingarelli e lezione di democrazia per studenti che si conclude con la speranza che «i governatori si indirizzino verso la ragione e la verità». Dopo aver ironizzato sulle «quote rosa» non poteva non dare più spazio a Luisa Ranieri e ad altre due donne: Loredana Bertè, «nata rock» e la pacifista Patty Smith, con la quale il Molleggiato conviene che a destra e sinistra «si litiga troppo». Nel finale le gag di Antonio Cornacchione fan di Forza Italia che ironizza sull'intervento in Iraq e su Bush e Berlusconi. Maurizio Crozza, invece entra con una vera gallina tra le mani. Rivolto a Bibi Ballandi, produttore dello show, prova a minacciarlo: «Voglio anch'io un programma tutto mio dove decide tutto mia moglie - alludendo allo show di Celentano - poi voglio un elicottero sul tetto, la pace nel mondo e la comproprietà di Figo». «In realtà - continua Crozza - l'evoluzione non c'è stata: tremila anni fa c'era Platone, oggi c'è Buttiglione che si crede un filosofo perchè è brutto».