«Adesso fate tutti un passo indietro»
«L'erede di Nenni e Craxi? Ha trent'anni e verrà fuori dai partiti». Gennaro Acquaviva è a Londra. Segue le vicende del suo mondo da lontano ma con molta attenzione. Premette: «Non voglio parlarne, non voglio entrare nel merito delle scelte degli attuali partiti». Ma poi si lascia andare. Non riesce a rimanere indifferente a chi parla di revisione del concordato Stato-Chiesa, lui che fu uno dei protagonisti, al fianco di Bettino Craxi, di quella storica firma nel 1984. Senatore, ma lei oggi come giudica quello che sta avvenendo? Con chi sta? Con Craxi, De Michelis o Boselli? «No, non entro in queste beghe. Sono affari loro. Sono un socialista che sogna la riunificazione, oggi resa più possibile dopo l'approvazione della legge elettorale proporzionale. Ora bisogna capire a quali condizioni stare assieme». Appunto, quali possono essere le condizioni? «Una su tutte: costruire una vera forza riformista, socialista e di sinistra». Dunque con l'Unione? «Ripeto, non intendo parlare di alleanze o di tattica elettorale. Rimaniamo nella sfera della politica pura». E allora le chiedo: una forza riformista, socialista e di sinistra potrebbe essere benissimo i Ds? «Non esageriamo? I post comunisti non hanno compiuto fino in fondo la revisione verso il riformismo socialista che è l'unico modo candidarsi realmente alla guida del Paese». Be', l'ala massimalista dei Ds sembra largamente in minoranza. Basta vedere con quali percentuali ha vinto Fassino anche l'ultimo congresso della Quercia... «Nei numeri sono in minoranza, ma non nelle politiche». Che cosa intende dire? «Guardi la fotografia del vertice diessino. La guardi con attenzione, vedrà che tutta la classe dirigente è ancora berlingueriana. Insomma, è quella di venti anni fa. Nelle facce e nelle politiche». Fassino però ha fatto grandi passi avanti, ha anche iscritto Craxi tra i grandi padri del socialismo italiano. «Fassino sì, e il resto? Anche il Psi ha sempre avuto una minoranza movimentista. Che però restava tale, non dettava l'agenda della politica di tutto partito. Invece oggi nei Ds è un gruppo nostalgico che comanda. È una classe dirigente che ancora non si è seriamente posta il problema del governo del Paese. Per questo insisto nel dire che c'è uno spazio per una forza riformista, socialista e di sinistra». Si può fare con Prodi? «Il punto non è con chi». E allora qual è? «Il punto è fare che cosa. Se non partiamo da qui...». Allora, partiamo da che fare? «Ecco, l'anno prossimo, chiunque sarà a vincere le elezioni, si aprirà una fase nuova. Col ritorno del trasformismo. E sarà una grande occasione per i socialisti». In che senso scusi? «Il proporzionale cambia tutto, ognuno gioca per sè. Ed è facile immaginare che si rimescoleranno le carte, i poli muteranno pelle, ci saranno grandi trasformazioni appunto». Ci sarà anche gran confusione? «Guardi che il Paese ha sempre dato il meglio di se nelle epoche di maggiore trasformismo. Pensi per esempio all'era del giolittismo, oppure al degasperismo tra il '47 e il '50. È la storia d'Italia, non dobbiamo vergognarcene. Sono stati momenti in cui il Paese si è rinnovato con grandi riforme». E che cosa c'entrano i socialisti? «C'entrano perché proprio le epoche di grandi trasformazioni sono quelle nelle quali emergono coloro che hanno idee e progetti». Boselli ne ha tira fuori una: rivedere il concordato. «Boselli è il nulla, non ha alcuna idea. Ecco perché, sposando Pannella, i due non si contaminano. Ma è il leader dello Sdi che diventa pannelliano e anticlericale. Le sembra che i Radicali abbiano fatto loro una proposta socialista? Le dirò di più: le sembra che Boselli abbia avanzato una proposta? Lasci stare cose serie come il concordato». E allora può andar bene De Michelis? «Voglio bene a Gianni. Dieci anni d'inferno ma purtroppo non è riuscito a far di più che mettere assieme un partito dell'1,5%». E Bobo Craxi? «Un simpatico ragazzo. Ma nessuno di questi sarà il salvatore dei socialist