Fazio vede la ripresa, è pace con Berlusconi
Il Governatore: «L'Italia può crescere più dei ritmi attuali. Il Pil nel 2006 dovrebbe superare l'1%»
Dopo mesi di guerra fredda culminati nella richiesta di dimissioni da parte del premier, tra Palazzo Koch e il governo, il clima sembra essersi disteso. Dieci giorni fa Fazio aveva promosso la Finanziaria di Tremonti davanti alle Commissioni congiunte di Camera e Senato (mandando su tutte le furie l'Unione di Prodi che si aspettava ben altri toni) e ieri è arrivato il bis. Il Governatore, in occasione dell'81esima giornata del risparmio, conferma quanto Berlusconi sta dicendo da settimane. Ovvero che l'economia mostra segnali di sviluppo. «La crescita del 2006 - ha detto Fazio - dovrebbe superare l'1% tenuto conto che il terzo trimestre di quest'anno il pil dovrebbe crescere di mezzo punto percentuale per portarsi nell'intero 2005 in terreno positivo». Il Governatore poi sottolinea che l'Italia «ha le risorse per crescere di più rispetto ai ritmi attuali ma per farlo occorre coesione sociale e saper cogliere i segnali positivi che cominciano a arrivare». Un messaggio che avvalora la tesi del governo e smentisce gli argomenti sfascisti, del «tutto va male» della sinistra. Il che non significa però che si può abbassare la guardia perchè vanno «rispettati i target di deficit per il prossimo anno». Fazio è stato chiaro anche su questo: bisogna vigilare sui conti pubblici perchè se si escludono le una tantum, il deficit si colloca da alcuni anni sul 5% del pil, mentre il fabbisogno si aggira intorno al 6%. Fazio è convinto che si possa «fare di più» e che è compito della «politica economica mettere in campo azioni che possano incidere sulla produttività e sulla competitività, pur nella limitatezza dei mezzi finanziari a disposizione». Il Governatore ieri è anche tornato a promuovere la politica di bilancio delineata dalla Finanziaria «che prevede un forte contenimento della spesa delle amministrazioni centrali e dei trasferimenti a quelle periferiche». Ma a questo, ha detto, «dovrebbe corrispondere un recupero di efficienza nell'azione amministrativa e dei servizi». Il che contribuirebbe a «dare fiducia». Fazio poi ha chiesto un'accelerazione delle grandi opere anche «con procedimenti straordinari». Altro segnale positivo sottolineato dal Governatore è la crescita del credito alle famiglie nell'ultimo anno con un incremento superiore al 15% a fine settembre, il doppio della media dell'Eurozona. A questo si aggiunge un «nuovo aumento della propensione al risparmio». Solo un accenno fugace senza nessuna punta polemica alla legge sul risparmio: «guardiamo con attenzione e rispetto all'opera che il Parlamento sta compiendo». Le ultime tappe del rapporto tra Fazio e il governo starebbero a indicare che la bufera tra i due è passata. Che si tratti di pace vera o solo di una tregua è difficile dirlo. Ascoltando ieri le parole di Fazio sembra passato un secolo da quando il governo chiedeva le dimissioni al Governatore e questo sembrava assediato. La crisi esplode con le vicende bancarie di Bnl e Antonveneta entrate nel mirino degli stranieri. L'ex ministro dell'Economia Siniscalco entra subito in rotta di collisione con via Nazionale definendo «indifendibile in sede Ue» l'italianità delle banche. Era marzo scorso. A maggio la procura di Roma chiede i documenti a Bankitalia e alla Consob sulle quote del contropatto di Bnl che raccoglie alcuni dei protagonisti della scalata a Antonveneta. La situazione precipita quando vengono pubblicate le intercettazioni telefoniche che mettono sotto accusa Fazio per i rapporti con Fiorani e il suo ruolo nelle scalate su Bnl e Antonveneta. Siniscalco sostiene che queste vicende pongono «un problema di credibilità per il Paese». Ad agosto Siniscalco presenta a Berlusconi, Fini e Follini il progetto di riforma della Banca d'Italia e il 2 settembre il consiglio dei ministri l'approva. Ma due giorni dopo Siniscalco chiede indirettamente le dimissioni del Governatore affermando che da via Nazionale ci si sarebbe attesi «un atto di sensibilità istituzionale che non è venuto». La tensione raggiunge il